Sono reduce dall’ascolto del discorso di insediamento di Mario Draghi al Senato accompagnato da 25 interruzioni per applausi e da un’ovazione finale di tutto il Senato in piedi. Un discorso finalmente di parole piene, pesanti, capaci di nominare cose, progetti, visioni, finalmente. Ci eravamo abituati a parole vuote, anzi a vanvera, invece delle visioni ci venivano ammansite liste della spesa. Bene così.
Tra i passaggi sulle riforme anche quella della Giustizia, e davanti a Draghi c’era una delle presenze di punta del nuovo Governo, Marta Cartabia, prima presidente donna della Corte Costtuzionale.
A lei e ad Adolfo Ceretti (professore di criminologia alla Bicocca di Milano) rubiamo il titolo di questo post, che è titolo del libro che raccoglie i loro discorso alle Martini Lecture del 4 marzo 2020 (Un’altra storia inizia qui, la giustizia come ricomposizione, Bompiani).
Un libro da leggere e che dà l’idea della visione della giustizia della Cartabia, un cambiamento epocale rispetto a un ministro della Giustizia come Bonafede che soprattutto sul sistema carcerario non ne ha azzeccata una!
Scrive Marta Cartabia: Per una riflessione sulla realtà dei diritti e delle pene “bisogna aver visto”, come osserva Piero Calamandrei in un celebre intervento sulla situazione del carcere pubblicato sulla rivista Il Ponte nel 1949. (…) Anche per Carlo Maria Martini e iniziato così dall’aver visto. Anzi: dall’aver visitato. È dal vedere che sorge l'idea. Idea viene dal greco idéin. che pure significa vedere. Anche noi giudici costituzionali di recente abbiamo visto grazie a una encomiabile e inedita iniziativa della Corte costituzionale che ha preso avvio con una visita dal carcere di Rebibbia il 4 ottobre 2018”. Un’iniziativa importante a cui Marta Cartabia dedica alcune pagine di ricordi di un viaggio davvero inedito nelle carceri italiane.
Poi, ragionando sulle riflessioni del cardinal Carlo Maria Martini disegna una visione che a me sembra davvero necessaria di una Giustizia come ricomposizione del tessuto sociale. Una riflessione di cui riportiamo qualche passaggio sperando che questi pensieri possano incidere su una realtà mai come in questi anni umiliata e trascurata (vedi qui), quella degli uomini e delle donne in carcere abbandonati a loro stessi nel lungo anno della pandemia.
“Due sono i capisaldi su cui si articola la riflessione del cardinal Martini: la dignità della persona, come incomprimibile possibilità di recupero e cambiamento, qualunque errore sia stato commesso; e la costruzione di un sistema veramente efficace dal punto di vista della tutela della sicurezza e dell' incolumità dei cittadini o meglio le ripristino dell'armonia dei rapporti sociali. Una visione che implica una visione realistica della persona umana. Dice il cardinal Martini Dio giudica il colpevole ma non lo fissa nella colpa identificandolo in essa.
È lo stesso sguardo che si ritrova negli interventi di Papa Francesco ad esempio nel discorso alla polizia penitenziaria del 14 settembre 2019 in cui ringraziandoli chiede di non essere solo vigilanti ma soprattutto custodi di persone e poi sottolinea che non bisogna mai privare la persona umana del diritto di ricominciare. Paul Ricoeur ha scritto che dopo la sentenza deve iniziare un'altra storia deve poter incominciare qualcosa di nuovo un'altra possibilità un'altra fase del cammino: “occorre una parola di giustizia. Ma un'altra storia inizia qui“ (Paul Ricoeur “Il diritto di punire“ pp. 84-85)
Da questa idea scaturisce una concezione davvero nuova della giustizia penale che guarda al futuro piuttosto che pietrificarsi su fatti passati che pure sono incancellabili.
E una giustizia volta a ri-conoscere, ri-parare, ri-costruire, ri-stabilire, ri-conciliare, ri-comporre, ri-cominciare. E una giustizia caratterizzata dal prefisso “ri” che guarda in avanti e allude alla possibilità di una rinascita”.
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