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Un’agenda europea per l’economia sociale

Pubblichiamo l'intervento di Luca Jahier, Presidente del III Gruppo del CESE, nella giornata di chiusura dell'evento sulla social economy dello scorso 18 novembre a Roma

di Luca Jahier

Il 2014 può a ragione essere riconosciuto come l’Anno europeo dell’Economia sociale: l’evento di Strasburgo e il suo Manifesto ad inizio anno; la Direttiva appalti con il riconoscimento delle specificità delle finalità sociali e dei soggetti di ES; i nuovi Regolamenti per la spesa dei Fondi strutturali del settennio 2014-2020 con la priorità del 25& di spesa per investimenti nel capitale umano e sociale, anche attraverso il sostegno delle imprese dell’economia sociale; e ora questa Conferenza con l’attesa Strategia di Roma.

Che cosa volere di più? O forse cosa dobbiamo temere di più? Che l’importante posizionamento raggiunto vada semplicemente perso, che le ottime premesse vengano azzerate e che si torni da capo a 12.

Cosciente di questo rischio, inevitabilmente legato al cambio di legislatura, subito dopo Strasburgo il Commissario Barnier ha fortemente sollecitato il CESE ad assumere ancora la leadership e sviluppare uno specifico progetto che tenesse alta l’attenzione in questo transito, che facilitasse lo scambio tra gli attori della società civile e definisse una serie di precise indicazioni di priorità per la nuova Commissione, dopo la scadenza elettorale. E’ quello che abbiamo fatto in questi nove mesi, adottando infine un articolato documento, frutto di una ampia consultazione, che è disponibile  http://toad.eesc.europa.eu/viewdoc.aspx?doc=ces/int/int735/it/eesc-2014-05431-00-03-tcd-tra-it.doc

Sono 10 raccomandazioni politiche principali, alcune delle quali sono state riprese anche dalla Strategia di Roma, altre 40 specifiche che rilanciano una visione olistica ed equilibrata delle preoccupazione e delle proposte che stanno a cuore a chi opera nel settore in tutta Europa, per sviluppare concretamente le buone premesse.

Tutto questo può però diventare rapidamente buona letteratura, se non teniamo conto di alcune sfide/opportunità molto concrete che si giocano nelle prossime settimane.

  1. La Presidenza Italiana del Consiglio europeo deve chiedere al Presidente Juncker di definire una precisa responsabilità politica sull’Economia Sociale, in seno al nuovo collegio, sia unico, o ancora meglio composta da più Commissari come era nella fase precedente.
  2. E’ necessario che venga definita una precisa struttura di verifica ed eventualmente di indirizzo circa la trasposizione a livello dei 28 paesi membri dell’UE della direttiva appalti, per evitare uno svuotamento dal basso delle novità importanti che sono state introdotte e che vi sia un preciso reporting al Consiglio e al Parlamento europei.
  3. E’ indispensabile un sistema di monitoraggio circa la recezione della priorità 25% sulla programmazione dei fondi strutturali nei POR dei 28 paesi membri, attraverso un reporting complessivo, uno scambio di buone prassi tra regioni e paesi europei, un eventuale meccanismo di peer review, un poco più vincolante della semplice raccomandazione.
  4. In queste settimane la Commissione definirà il suo programma legislativo e di priorità per il 2015. Il Presidente Juncker ha chiesto, innovando la procedura, di ricevere indicazioni dalla Presidenza del Consiglio europeo e del Parlamento. L’Economia sociale al momento non vi figura e passi in questo senso debbono essere fatti.
  5. In questi mesi si definiscono le principali direttive per la revisione della strategia Europa2020 che sarà adottata dal Consiglio europeo di marzo 2015, sotto Presidenza lettone. Sarebbe più che opportuno che una precisa iniziativa ES sociale fosse prevista in questo quadro ampio di politiche generali di sviluppo e crescita, a fianco delle certe novità riguardanti l’energia e la politica industriale.

Sulla scorta infine della positiva iniziativa già assunta da questo governo di dedicare una sessione di lavoro sull’Economia sociale ad un recente Consiglio informale dei Ministri europei del lavoro e del welfare, sembra dunque opportuno anche prevedere che alcune di queste raccomandazioni di Roma vengano incluse nelle conclusioni del prossimo Consiglio europeo di dicembre.

Poche settimane fa abbiamo realizzato a Milano un importante evento del CESE sul tema dell’innovazione sociale per un rinnovato e più equo progresso sociale europeo. Nella Dichiarazione di Milano  adottata il 23 ottobre abbiamo scritto che l’innovazione sociale già crescente in ogni angolo d’Europa è una leva di cambiamento, di crescita e di buona occupazione che va riconosciuta, sostenuta e promossa. Social innovation e Social Investment Package sono due strumenti rilevanti per l’ES su scala continentale.

Come ha detto pochi giorni or sono Herman van Rompuy, l’Europa oggi deve essere più forte al suo esterno e più capace di farsi carico al suo interno. Più assertiva sulla scena inernazionale e più capace di proteggere in seno alla comunità degli oltre 500 milioni di abitanti. E già nelle conclusioni del Consiglio europeo di fine giugno i capi di Stato e di governo individuavano 5 linee di priorità per l’intera legislatura e tra queste la seconda recita: una Europa che responsabilizza i suoi cittadini e che protegge. E’ questa una leva di crescita sostenibile, di giustizia sociale e di ricucitura del divario democratico che si è aperto tra cittadini e istituzioni. Sembra poi che questa siaq davvero anche la Carta di identità di tutte le forme di impresa dell’economia sociale su scala europea.

Passiamo dunque dalle parole ai fatti, con la Strategia di Roma.

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