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Una vita rapinosanata per far discutere

Il romanzo postumo di un'attrice che lavorò con Visconti

di Redazione

«Ed eccovi me a quattro, cinque anni». Inizia così, con un’offerta che è proposta («sono qui, guardatemi»; «siete qui, identificatevi»), L’arte della gioia di Goliarda Sapienza. Seguono 500 pagine benissimo scritte, avventurose e a modo loro incredibili. Una storia che corre lungo il Novecento (è insieme specchio e frutto del “secolo breve”) e raggruma, attorno alla protagonista, nata il primo gennaio 1900, un universo di personaggi. A cominciare dalla Sicilia, prospettiva esistenziale e culturale. Per arrivare a quanti hanno in sorte l’incontro con Modesta. Eroina che tutti seduce, ragazza bellissima, intelligente e selvaggia che attraversa l’esistenza con piglio deciso. Un po’ machiavellica. Un po’ istintiva. Molto spesso al di fuori della morale. Animata tuttavia da un desiderio di autenticità e di verità. Sulle montagne russe della sua vita romanzesca – nasce povera, diventa principessa, moglie, madre, amante di uomini e donne – Modesta ha il coraggio della sincerità. Di arrivare al nocciolo delle questioni. Costi quel che costi. Ed è così che il lettore si trova spiazzato, costretto a mettere le sue idee fra parentesi e ad accogliere obiezioni e aperture inaspettate. Si trova a riconoscere lacerti di verità e intuizioni anche profondissime, che sanno di umano. Odorano di corpi, d’amore e di sesso. Romanzo di formazione e biografia, L’arte della gioia è un’opera complessa, senza dubbio controversa (lo testimonia la sua avventura editoriale: esce postuma, dopo il rifiuto di molti editori). Per molti aspetti una discesa agli inferi compiuta con una maestria degna del grande romanzo ottocentesco e animata da una sensibilità e da una inquietudine del tutto contemporanee.

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