Non profit
Una valanga seppellirà i Centri di servizio?
I pericoli del pdl sui i territori di montagna
Diceva Goethe: «I monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi». “Fosse vero”, ci vien da pensare, leggendo il progetto di legge (AC 41 e altri) «Disposizioni in favore dei territori di montagna» nel quale gli estensori combinano alcuni pasticci che toccano il non profit. La futura legge sulla montagna, che dovrebbe regolare soltanto le agevolazioni ai territori d’alta quota, reca in seno una riforma profonda dei Centri di servizio per il volontariato che vedrebbero mutare sia la governance che i soggetti beneficiari dei loro servizi.
Un po’ di memoria storica. Nel 91 esce la legge 266, la legge quadro sul volontariato. In essa troviamo un’innovativa disposizione che obbliga le neonate fondazioni ex bancarie a destinare una quota parte dei loro utili a Centri di servizio per il volontariato gestiti dalle stesse organizzazioni, centri destinati ad aiutare con la consulenza e la formazione le organizzazioni, e sostenerne e qualificare un’attività riconosciuta molto meritoria. Nella seconda metà degli anni 90, dopo un po’ di melina delle fondazioni ex bancarie (che hanno perso – in compagnia delle Regioni – importanti ricorsi davanti alla Corte Costituzionale), prendono finalmente avvio i Centri di servizio. Con il progetto di legge ci si immagina un film diverso. I soggetti che potranno gestire e fruire delle attività saranno anche le associazioni sportive dilettantistiche, bandistiche, di cori amatoriali, delle filodrammatiche, di musica e danza popolare, le cooperative sociali e le onlus.
Di tutto e di più, quindi. Ha senso questo pot-pourri di enti con fini e funzionamenti tanto diversi? A mio avviso no, non ha senso, e lo dico in aperto (ma dichiarato) conflitto di interessi, in quanto collaboro da un po’ di anni con alcuni Centri. Primo: è incongruo il contesto. Cosa c’entra parlare di queste materie in una norma che regola tutt’altro? In secondo luogo, si va a modificare una legge speciale sul volontariato inserendovi corpi estranei al volontariato. Ed inoltre: ad oggi i Centri cercano di dare servizi di qualità con risorse che sembrano soddisfare almeno parte dei bisogni del volontariato. Se si va ad allargare la schiera dei beneficiari, è intuibile che ci sia necessità di nuove risorse. Dove sono? È vero che nel tempo i Centri hanno beneficiato di somme anche ingenti; e devo dire che in media li hanno utilizzati bene, certamente con criteri largamente più etici e condivisibili di quelli (ad esempio) utilizzati dalle istituzioni pubbliche con i loro (nostri) soldi. Ma queste somme, soprattutto dopo le recenti “strette” da parte delle fondazioni, non potranno soddisfare una domanda che si prevede – ad esempio per l’ingresso delle sole sportive – più che quadruplicato. C’è quindi il rischio che i servizi di qualità in questi anni erogati dai Centri diventino soltanto servizi di quantità. Cui prodest?
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.