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Una svolta, anche per il turismo
Codice del paesaggio.In arrivo nuove tutele per il mondo rurale e quello naturalistico
Nonostante la sublime capacità degli italiani, sopratutto nel passato, di saper coniugare magistralmente natura e opere dell?uomo – basti pensare ai paesaggi collinari di Toscana, Umbria, Marche, alla perfezione delle ?fasce? liguri, all?incanto della Valle dei Trulli, alle vigne dell?Asprino nell?Agro Aversano – negli ultimi decenni la tendenza si è rovesciata. A parte l?orrenda invasione di supermercati e parcheggi, industrie e svincoli, lottizzazioni e discariche che hanno fagocitato, al ritmo di decine di migliaia di ettari all?anno, il nostro territorio (e ricordo che ogni italiano ha a disposizione solo un?area grande quanto un piccolo campo di calcio, mezz?ettaro) il degrado insulso e beota avanza inarrestabile anche nelle aree rurali e naturali.Vigneti irti di paletti in cemento, capannoni cementizi sguaiati e invadenti, pendici infarcite di ?villette-canili? come le definiva Cederna, impianti a fune e porti turistici, cartelloni stradali e filari di eucalipti al posto delle antiche siepi, snaturano l?antico paesaggio del Bel Paese.D?altra parte, non dimentichiamolo, in Italia quello che nei Paesi anglosassoni si chiama «landscape», con riferimento a territori ampi e naturali, da noi è definito «paesaggio», vocabolo originato dal termine «pagus» che significa «villaggio» nel latino della decadenza. E che questo criterio antropocentrico sia ben innervato nel sentire comune, è testimoniato dal fatto che nella Costituzione italiana, che quest?anno compie sessant?anni, il termine «natura» non compare mai e il «paesaggio» ha un?unica citazione nell?articolo 9, con preciso riferimento però al solo suo valore estetico.Con queste premesse, il fatto di aver potuto varare, prima della scadenza elettorale, il Codice del paesaggio, assume un grande valore.Queste misure, integrate anche dai Piani paesistici che le Regioni stanno in qualche modo emanando, si spera possano porre un freno alla foga insopprimibile degli speculatori edilizi sostenuti dalla atavica fame di fondi dei Comuni, i quali dagli oneri di urbanizzazione ricavano un reddito altrimenti non reperibile. Motivi di speranza possono essere ricercati in due fatti. Come è accaduto per le foreste, che dal 1940 ad oggi hanno esteso di un buon terzo la loro estensione, o per le aree protette, salite dallo 0,6% del 1960 al 10% di oggi – con grandi effetti positivi sulla tutela di specie vegetali e animali – anche per il paesaggio rurale e per quello naturale ancora non tutelato, potrebbe avviarsi un processo virtuoso, capace di assicurare la sopravvivenza di tanti meravigliosi territori, materia prima per quel turismo illuminato e colto che sempre di più sta scegliendo altre destinazioni, facendo crollare l?Italia al quinto posto tra le nazioni a più alta affluenza di visitatori.
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