Economia

Una strategia per il Sud: sviluppo, porti e infrastrutture

La chiusura totale delle attività e il forte impatto sulla già precaria economia, impongono di pensare da subito ad una ripartenza che interessi già le zone che apparivano disagiate per evitarne il collasso definitivo. Un'intervista con Domenico Vecchio, Presidente degli Industriali della Città Metropolitana di Reggio Calabria

di Filippo Romeo

Mentre la pandemia COVID 19 continua a mietere vittime nel mondo, l’Italia del Sud sta resistendo al contagio scongiurando, almeno finora, l’ecatombe che si temeva quando è esplosa l’emergenza nella penisola.

Sarà stato il fattore temporale, oppure la salubrità dell’area, la mano della Divina Provvidenza o altre casualità, sta di fatto che l’annunciato pericolo sembrerebbe scampato anche se ancora occorre mantenere la guardia abbastanza elevata. Certo è che la chiusura totale delle attività e il forte impatto sulla già precaria economia, impongono di pensare da subito ad una ripartenza, che interessi già le zone che apparivano disagiate -come l’area metropolitana di Reggio Calabria- per evitarne il collasso definitivo.

Queste valutazioni vengono condivise anche dall’ingegner Domenico Vecchio, Presidente degli Industriali della Città Metropolitana di Reggio Calabria, che già nel suo discorso inaugurale di insediamento alla guida della Confindustria reggina, avvenuto lo scorso agosto, auspicava uno shock positivo per l’economia del territorio dilaniata dalla crisi del 2008, i cui effetti erano ancora visibili.

Oggi, a fronte del nuovo scenario che va profilandosi, Vecchio non ha dubbi nel riaffermare, quanto già espresso in quell’occasione che “per ripartire, ed evitare la catastrofe economica, bisogna mettere in campo una serie di azioni efficaci capaci di garantire risposte immediate”. Sicuramente, “occorre agire celermente sul versante delle opere pubbliche, di modo che l’apertura dei cantieri possa fungere da volano all’economia del territorio, contribuendo, inoltre, al suo miglioramento. Questa, infatti, potrebbe rappresentare un’occasione per intervenire sul dissesto idrogeologico, evitando così ulteriori catastrofi, ma anche attivare opere di rigenerazione urbana -riqualificando gli edifici sia dal punto di vista energetico che antisismico- nonché di manutenzione dei beni pubblici, secondo la legge e le regole del mercato ”.

Il territorio è ricco di potenzialità che, se ben sfruttate, potrebbero senz’altro rilanciare l’economia dell’area rendendola appetibile a nuovi investimenti. Cosa andrebbe fatto a riguardo?
Le azioni da mettere in campo sono differenti e abbracciano diversi ambiti. Su tutti basti pensare alle ricadute che a livello territoriale, e non solo, potrebbe generare il porto di Gioia Tauro se solo si riuscisse ad andare oltre l’attività di transhipment che lo caratterizza, collegandolo alle moderne linee di alta velocità e alta capacità che, fermatesi a Eboli come il Cristo di Carlo Levi, tengono circa la metà del Paese, nonché un porto di quelle dimensioni, isolati economicamente dai grandi scambi e dalle grandi direttrici commerciali.

Sarebbe cruciale agevolare anche il decollo della ZES e il varo di misure di sostegno fiscale all’economia legata ai porti di transhipment e a tutte le aree destinate al nuovo regime speciale che, in Calabria, abbraccia diverse province. Inoltre, quando si pensa al porto di Gioia Tauro, occorre tenere sempre a mente la posizione di centralità in cui è ubicato che, se ben sfruttata, potrebbe trainare l’intera regione e finanche per l’intero meridione.

A Gioia Tauro si potrebbero dunque invertire gli equilibri geo-economoici del Mediterraneo?
Assolutamente si! Non dimentichiamo che il Mediterraneo è tornato ad essere il grande crocevia dei maggiori flussi dell’economia globale e che Suez è stato ampliato per incentivare il passaggio dei carichi provenienti dall’est, di cui l’Italia, purtroppo, è capace di intercettarne solo una minima parte, mentre il resto prosegue attraverso Gibilterra per raggiungere i porti del Nord Europa (Germania e Olanda) molto meglio attrezzati e sviluppati. Èevidente che lo sviluppo di un sistema infrastrutturale all’avanguardia offrirebbe l’opportunità di intercettare un maggiore quantitativo merci permettendo così all’intero Mezzogiorno, con Gioia Tauro in testa, di diventare il centro nevralgico e propulsore di nuovi processi economici.

Sarebbe dunque sufficiente lo sviluppo di un sistema di infrastrutture di trasporto all’avanguardia, per garantire un adeguato sviluppo tanto per l’area reggina, quanto per la Calabria e il resto del meridione?
Come ho detto in precedenza le azioni da mettere in campo sono differenti. Lo sviluppo infrastrutturale, che garantirebbe l’apertura di nuovi cantieri, potrebbe segnare senz’altro un importante punto di partenza nonché un’immediata boccata di ossigeno all’economia reale. E’, tuttavia, evidente, che ciò sarebbe insufficiente se tale processo non fosse accompagnato da altre misure utili ad incentivare gli investimenti e rendere i territori appetibili. Su tutte penso alla certezza del diritto, elemento non trascurabile di valutazione da parte degli investitori che necessitano di un quadro normativo il cui corretto funzionamento è garantito dalla presenza di un sistema legislativo, normativo e anche giudiziario in grado di fornire ampie garanzie di sicurezza, efficacia e stabilità. Occorrerebbe, inoltre, alleggerire anche il sistema burocratico, per evitare il dispendio di tempo ed energie che, di fatto, disincentivano l’imprenditore ad investire, e procedere ad una completa digitalizzazione del sistema.

Oltre a questi aspetti l’attuale crisi potrebbe rappresentare un’utile occasione per ripensare e rilanciare il sistema sanitario, al fine di garantire la salute della popolazione meridionale e porre fine al “turismo sanitario” a cui fino ad oggi ha dovuto fare ricorso, attrezzandolo anche ad affrontare le ardue sfide che si pongono innanzi.

E per arginare l’emorragia migratoria?
Purtroppo questo è un problema atavico con cui il meridione, in generale, e la Calabria, in particolare, si confrontano da decenni. La differenza sta nel fatto che prima a migrare era la forza lavoro manuale, oggi sono perlopiù giovani ben formati e fortemente richiesti sul mercato del lavoro intellettuale. Un’enorme perdita in termini di capitale umano e sociale aggravata dal fatto che, a volte, la carenza di sviluppo è anche dovuta all’assenza di elementi propulsori e di menti capaci di indirizzarlo. Su questo fronte gli ambiti legati alla formazione e alla ricerca potrebbero, senz’altro, svolgere un importante ruolo. Fondamentale sarebbe il sostegno alla ricerca nell’ambito delle nuove tecnologie e lo sviluppo di incubatori per l’incentivo di nuove start-up.

Con quali ricadute sul territorio?
Le ricadute in termini economici potrebbero essere immediate. Basti pensare a quante attività si svilupperebbero, con l’ausilio delle nuove tecnologie, nei settori della ricerca, della cultura e del turismo, in un territorio come quello della Città metropolitana di Reggio Calabria ricco di storia, cultura, biodiversità e bellezze paesaggistiche e naturalistiche. Il territorio in questione, infatti, oltre ad affacciarsi sull’area dello stretto -unicum di biodiversità ed eccezionale punto di osservazione delle specie che migrano da una parte all’altra del bacino- contiene al suo interno il Parco Nazionale d’Aspromonte; l’area portuale di Gioia Tauro; l’area della locride con i suoi reperti del periodo della Magna Grecia; i reperti bizantini e arabi; e i suggestivi sentieri naturalistici che partendo dalle spiagge del tirreno, si snodano lungo la costa viola per arrampicarsi fino alle cime più elevate dell’Aspromonte.

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