Volontariato

Una spider rossa tra le rovine di Beirut. Ovvero il sociale si fa fashion

A proposito dell'immagine vincitrice del World Press Photo: la foto si basa sul contrasto tra la distruzione sullo sfondo e le figure in primo piano, di Luca Doninelli

di Redazione

La foto è straordinaria, anche perché è venuta così. Il fotografo, Spencer Platt, che con questa immagine si è aggiudicato il prestigioso World Press Photo 2007, garantisce che non c?è stata nessuna messinscena, e noi gli crediamo.

Queste cose possono accadere a Beirut. Un edificio distrutto da una bomba (si tratta del quartiere maggiormente colpito durante gli scontri nell?estate 2006, probabile roccaforte di Hezbollah) e, intorno, la vita che continua come se niente fosse.

La foto si basa sul contrasto tra la distruzione sullo sfondo e le figure in primo piano: un ragazzo e quattro ragazze su una spider rossa. Il ragazzo è concentrato nella guida, che non dev?essere facilissima, mentre le ragazze si guardano intorno un po? attònite per uno spettacolo che, per quanto ci si abitui alla guerra, non si aspettavano.

In realtà, l?immagine in primo piano e lo sfondo di macerie hanno alcuni punti in comune. Il primo è che questi ragazzi sulla spider sono sicuramente arabi. Puoi tingerti di biondo finché ti pare, ma la fisionomia resta. Si tratta, dunque, di gente del posto: benestante, come tanta gente del posto.

Ma ci sono altri elementi. Per esempio, il telefono cellulare, che cattura il nostro occhio al primo sguardo, e che si trova al centro della scena. Lo tiene in mano la ragazza più carina del gruppo, che se ne serve – immagino, a giudicare dalla faccia che fa – per scattare una foto del disastro.

Dunque, al centro di questa foto c?è qualcuno che scatta una foto, e la nostra attenzione è chiamata a concentrarsi non già sull?immagine possibile che quella ragazza sta inquadrando bensì sull?oggetto: il telefonino.

Questa preminenza dell?oggetto ci rinvia al resto della foto come a una caccia al tesoro, alla ricerca di altri oggetti. Spender Platt ci propone una foto dove al centro ci sono non uomini ma cose. Vediamo anche altri oggetti. Un orologio al polso di un passante, la sua t-shirt con uno stemmino sul petto, il serbatoio di una caldaia, una palma nana, un armadio, un mobile arancione (si direbbe di plastica e tela) che potrebbe essere una scarpiera, un condizionatore che, sul muro del palazzo di fronte, continua a funzionare.

La stessa automobile ci attrae più dei suoi occupanti. L?occhio è colpito dal colore rosso, dalla strumentazione interna, dallo specchietto retrovisore, dai poggiatesta high-tech.

Il mio pensiero va alle indimenticabili immagini di Beirut scattate da Gabriele Basilico 25 anni fa, dove non si vedeva una sola figura umana eppure tutte le immagini si stringevano tragicamente intorno a una domanda sull?uomo. Qui, al contrario, c?è un viavai umano, ma i contrasti rinviano tutti alle cose e non alle persone.

E una parola si fa strada: moda. I cinque occupanti della spider non sembrano forse altrettanti fotomodelli? Del resto, ben oltre le campagne di Toscani, il connubio tra ?moda? e ?sociale? è destinato a intensificarsi negli anni (già lo si vede in molti servizi sulla moda). E il destino di questo connubio dipenderà molto, sempre di più, da come riusciremo a raccontarlo e da chi siederà in cabina di regia.

C?è, infatti, un rischio, ed è quello ben documentato da questa immagine: che l?incontro tra le due realtà, ?moda? e ?sociale?, avvenga inevitabilmente nel segno di chi investe denaro nell?operazione, ossia la moda. E che dunque anche il ?sociale? alla fine si adegui, mostrando di sé la faccia moderna, quella più simile a noi, quella in cui la diversità è ridotta al minimo, e dove a dominare sono ancora e sempre loro: le cose.

È un?unione fragile, che può dare ottimi risultati a breve e medio termine, ma che sul lungo termine potrebbe rivelarsi dannosa se la sua forza – fondata oggi sull?emozione dei contrasti – non trovasse spunti operativi, più solidi e continui.

Comunque sia, condivido la decisione di premiare questa foto, perché essa pone un problema con il quale cultura, economia e informazione si dovranno misurare nei prossimi tempi.


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