Non profit

Una scossa al terzo settore

Le associazioni si autoconvocano per parlare di sé e del futuro

di Sara De Carli

Il 4 e 5 dicembre a Roma si svolge l’Assemblea nazionale del volontariato. Una sorta di “costituente” per delineare una via d’uscita alla crisi in atto. Con alcune novità:
la distinzione tra non profit e terzo settore e l’insistenza su un tema emergente: l’educazione. Il portavoce del Forum del terzo settore, Andrea Olivero, spiega perchéSegnatevi la data. Il prossimo 4 e 5 dicembre, con l’Assemblea del volontariato italiano, si apre la nuova stagione costituente del terzo settore. Una parola pesante, epocale ed esaltante, che vuole essere un colpo di reni per staccarsi da uno sfondo che, se non di crisi, è quantomeno zeppo di difficoltà. Basta leggere l’incipit della bozza di quel Libro verde del terzo settore che verrà presentata e discussa a Roma: il terzo settore «non è riuscito» ad affermare la propria specificità, «non è riuscito» ad affermare l’autonoma politicità nel rapporto con le istituzioni, e «si è trovato relegato» a mero gestore di politiche sociali decise da altri. Vita ne ha ragionato con Andrea Olivero, portavoce del Forum terzo settore.
Vita: Perché tirare in ballo una “costituente”?
Andrea Olivero: È stato il ministro Sacconi nel Libro bianco a indicare la necessità di aprire una “stagione costituente” per il terzo settore. Se stagione costituente deve essere, ci deve vedere coinvolti come soggetto che stabilisce l’agenda, non come chi la subisce. Questo protagonismo però non va letto in termini di contrapposizione, voglio precisarlo perché si è parlato di «autoconvocazione» del volontariato: si tratta di arrivare preparati al confronto con la politica e di arrivarci con un nostro pensiero autonomo.
Vita: Avete scelto di partire dal volontariato: quali sono le priorità di questo “intervento manutentivo sulla 266”?
Olivero: La 266 è la più vecchia delle leggi speciali e quindi ha alcuni limiti. Serve il riconoscimento esplicito dei soggetti di coordinamento delle organizzazioni di volontariato e l’istituzione di un apposito albo. Le organizzazioni di secondo livello ancora non esistevano ai tempi della 266 e il dettato della legge ha molto rallentato la nascita di queste reti che invece si sono sviluppate moltissimo nella promozione sociale e che sono uno strumento prezioso per fare rappresentanza e creare piattaforme che contino politicamente.
Vita: Si parla di attenuare la gratuità per le cariche elettive delle grandi reti e del diritto a rimborsi spese per i volontari. La gratuità non è più un dogma?
Olivero: È meno un dogma, ma si tratta anche di essere realisti. Come Forum terzo settore abbiamo sempre sostenuto che la solidarietà non è un lusso: chi ha compiti di servizio nelle reti in modo stabile può essere retribuito, il problema è stabilire criteri di turnazione. Dono e gratuità possono anche andare disgiunti, non è vero che dove c’è uno scambio economico non può esserci dono: i dirigenti continueranno a dare l’anima, pur prendendo una retribuzione. È un punto su cui ci sarà molto dibattito, ma è un nodo che rischia di limitarci e anche di farci cadere nell’ipocrisia. Peraltro oggi non retribuendo le cariche politiche, abbiamo dato più enfasi alle figure tecniche, costruito una tecnocrazia del volontariato che non è positiva.
Vita: La bozza introduce una nuova distinzione tra terzo settore e non profit?
Olivero: Non è una differenza di valore, ma di modelli organizzativi. Accanto al senza fini di lucro, ci sembra opportuno mettere in risalto il fatto che il terzo settore è un modello democratico e partecipativo, che coinvolge attivamente i soci. Non è che le fondazioni non siano importanti, è che il terzo settore ha un compito specifico. Tra l’altro questo è molto in sintonia con l’Europa, dove le nostre attuali distinzioni tra volontariato, cooperative sociali, Aps, risultano molto deboli: se utilizziamo la logica della partecipazione saremo molto più efficaci.
Vita: E l’impresa sociale?
Olivero: Se si definisce come struttura partecipativa che condivide con i lavoratori la governance credo possa stare benissimo nel terzo settore. Però ne discuteremo quando le imprese sociali ci saranno davvero?
Vita: Un capitolo è dedicato all’educazione: mai vista tanta enfasi sul tema?
Olivero: Quello educativo è un ruolo storico del volontariato: si tratta di acquisire consapevolezza politica di questo ruolo. C’è una nuova enfasi su questo obiettivo perché il contesto è drammatico, basti pensare che sull’emergenza educativa la sottolineatura non è venuta da me, ma da organizzazioni laiche: ci potrà essere una visione differente sui modelli del fare educazione, ma tutti condividiamo la centralità del tema. Tutti dobbiamo attrezzarci per coinvolgere i giovani, rispetto a cui negli ultimi anni siamo risultati poco attraenti: serve uno sforzo di fantasia ma anche il coraggio di proporre ai giovani le nostre attività, perché in una società virtuale l’educazione va riagganciata all’esperienza concreta dello sporcarsi le mani.


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