Non profit

Una riforma per avere più voce

Verso l'assemblea. Parlano i presidenti di Convol e Anpas

di Maurizio Regosa

La legge 266 non riconosce le reti nazionali. È ora di cambiarla C’è disagio nel presente dei volontari. Ha a che fare con la società e i bisogni che cambiano, con le sollecitazioni contingenti ma anche con quella che Emma Cavallaro, presidente della Convol, definisce «l’esigenza di riaffermare i valori del volontariato: la gratuità, il dono, la libertà, la democrazia». Perché le sfide future sono complesse. «Questa assemblea», aggiunge Fausto Casini, coordinatore della Consulta del volontariato presso il Forum terzo settore, «serve per fare il punto sul rapporto fra volontariato e terzo settore e sulle tante questioni aperte: il 5 per mille, il servizio civile che diminuisce, l’articolo 30 su cui non c’è chiarezza, la partecipazione democratica».
Sono molti gli àmbiti su cui riflettere: l’accoglienza, la sicurezza («non nel senso delle ronde», precisano entrambi), l’educazione dei giovani alla cittadinanza, il coinvolgimento delle nuove generazioni. Tra i temi, anche il rapporto fra le grandi e le piccole associazioni: «Dobbiamo valorizzare le piccole che però non devono legarsi al singolo bisogno. Va bene la specializzazione, non la frammentazione», ricorda Cavallaro, introducendo la questione delle reti di coordinamento. «Reti che», spiega Casini, «non sono riconosciute dalla 266, così come non esiste un registro nazionale delle associazioni». Mentre ci sono quelli regionali. Con il risultato che soggetti analoghi appartengono al volontariato in alcune regioni e in altre no. E questo porta alla riflessione sulla riforma normativa, esigenza tematizzata nel Libro verde del terzo settore. «La gratuità del volontariato non è in discussione», sottolinea Cavallaro. «Ma se vogliamo che cambi il sistema di ascolto dei territori, oggi impostato su un Osservatorio ministeriale», aggiunge Casini, «dobbiamo far partecipare le grandi reti nazionali. Magari con una indennità di carica».


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