Economia

Una ricerca svela il gap col profit. Manager cooperativi, la busta paga è light.

Guadagnano molto meno. Eppure non se ne vanno, grazie alle soddisfazioni non monetarie. Ma il trend sta per invertirsi...

di Francesco Agresti

Quanto guadagna un top manager di una grande cooperativa? Circa il 30% in meno di un pari grado di un?impresa for profit. E allora perché non cambia azienda? Le ragioni ci sono e sono diverse, altrimenti non si spiegherebbe il mancato esodo nel profit. «Il differente trattamento retributivo è compensato da quelle che abbiamo definito come ricompense non monetarie», spiega Marco Musella, direttore del dipartimento di Economia della facoltà di Scienze politiche dell?università Federico II di Napoli, coautore, insieme a Carlo Borzaga, del libro Produttività ed efficienza nelle organizzazioni non profit: il ruolo dei lavoratori e delle relazioni di lavoro (Edizioni 31, 2003).
I risultati di un?indagine, condotta dalla società di consulenza Scs Azioninnova di Bologna in collaborazione con Hay Group, sulle retribuzioni nelle grandi cooperative di Legacoop, mostra come, per figure professionali alte i livelli retributivi siano inferiori a quelli di chi opera nel profit, e come questa differenza viene via via meno scendendo nella scala gerarchica: dal 30% dei top manager si scende al 10% tra i dirigenti e viene meno tra quadri e impiegati.
«Questi dati non mi stupiscono», spiega Musella, «e, fatti i dovuti distinguo, sono in linea con quelli che abbiamo rilevato nel corso delle nostre ricerche tra i lavoratori delle organizzazioni non profit che erogano servizi alla persona, da cui emerge una sostanziale differenza tra i livelli retributivi rispetto a chi lavora nelle imprese profit. Ma chi lavora in un?organizzazione che non ha scopo di lucro accetta questa differenza perché riceve un altro tipo di remunerazione, costituita da una struttura organizzativa più attenta, che lo rende partecipe alle decisioni. Nella nostra ricerca abbiamo parlato di ricompense non monetarie: in una non profit ci sono più beni relazionali che vengono consumati ?on the job?, e questo genera una maggiore soddisfazione dei lavoratori anche se guadagnano meno».
Perché nelle grandi cooperative la differenza cresce salendo di grado? «Nelle strutture di dimensioni più grandi se non c?è un?organizzazione che salvaguardia la produzione di beni relazionali e l?attenzione alla partecipazione dei lavoratori, questi elementi tendono ad affievolirsi. Essendo, poi, grandi cooperative, le prescrizioni contrattuali hanno un maggior peso. Inoltre la soddisfazione del lavoratore per livelli bassi è legata al salario, quindi il primo modo delle impresa di incentivare una collaborazione può essere quella di garantire livelli retributivi in linea con quelli delle altre imprese. Più si sale nella scala gerarchica delle organizzazioni, e più invece aumenta il valore riconosciuto alle ricompense non monetarie». Una tendenza, quella dei differenti livelli salariali, che potrebbe venire meno. «In generale», conclude Musella, «assistiamo a un appiattimento delle diverse forme organizzative: le profit iniziano a riporre maggiore attenzione a questi incentivi non monetari e le non profit, se crescerà il loro spazio di mercato, avranno sempre più interesse ad aumentare le retribuzioni».

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