Economia

Una ricerca sulle banche di credito cooperativo: Bcc e Terzo settore, felici di piacersi.

Otto enti non profit su dieci le apprezzano. E l’attenzione è reciproca.

di Alessandro Azzi

Più dell?80% delle organizzazioni del Terzo settore che si rivolgono a una banca di credito cooperativo si dichiara pienamente soddisfatto del trattamento ricevuto, ben al di là del 63% registrato dalle banche specializzate e del 53% delle banche tradizionali.
Questa una delle principali conclusioni alle quali giunge il primo Rapporto dedicato alla finanza specializzata per il Terzo settore in Italia realizzato dall?università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Una ricerca che – curata dai ricercatori Francesco Cesarini e Gian Paolo Barbetta – fornisce una fotografia stimolante e nuove indicazioni sullo stato delle relazioni tra l?universo delle imprese non profit italiane e le istituzioni creditizie, distinte tra banche tradizionali, banche specializzate e – tra queste – le banche di credito cooperativo, banche senza scopo di lucro. Una differenziazione di sostanza, quest?ultima, che appare come uno dei marcatori di differenza utili a definire la particolare normativa e l?operatività delle stesse Bcc: banche cooperative, mutualistiche e locali.
È infatti proprio la comunanza di obiettivi e di codici genetici a spiegare la vicinanza reale e la stretta collaborazione che si instaura, ed è ormai consolidata, tra organizzazioni non profit e la Bcc. Una collaborazione, questa, che avvalora la bontà di un modello di fare finanza per il territorio in modo ?alternativo?, così come confermano i dati emersi dall?ultimo bilancio sociale consolidato delle banche di credito cooperativo: 446 i milioni di euro erogati ad organizzazioni non lucrative di utilità sociali nello scorso esercizio, ovvero il 9,7%del totale delle risorse finanziate dal sistema bancario.
Partiamo allora dal dato iniziale della ricerca, che appare suscettibile di importanti conseguenze pratiche.
Le organizzazioni non profit apprezzano in generale il tipo di relazione con le banche, pur con le necessarie differenze. Appunto, le differenze. Perché quel dato, l?80% delle organizzazioni del Terzo settore pienamente soddisfatto dalle Bcc, ci porta ad ulteriori riflessioni.
Le analogie tra un?impresa non profit e una banca senza scopo di lucro sono fortissime: lavorano ambedue nel, per e con il territorio; assumono come ?valore? la centralità della relazione; hanno ambedue una ?visione sociale? dell?impegno economico; hanno la stessa attenzione ai beni e ai capitali relazionali. E queste considerazioni, che non attengono al campo delle buone intenzioni ma fanno parte di un?autentica ?cultura di impresa? e dell?identità dei diversi soggetti, pongono importanti sfide per il futuro. A partire dalla necessità di proseguire in questa sorta di ?contaminazione culturale? e, allo stesso tempo, di mantenere insieme ?tradizione ideale? e rispetto delle necessarie diversità. Le cosiddette ?banche di relazione e di prossimità? – le Bcc, appunto – interpretano allora più agevolmente il proprio ruolo di banche della comunità (in grado di aiutare a fare meglio ciò che quel territorio sa fare) e di banche di sviluppo (in grado di sostenere le iniziative imprenditoriali e sociali che da quel territorio emergono). Questo rapporto sempre più intenso accresce, infine, la conoscenza specifica e approfondita dei variegati soggetti che fanno parte del vasto mondo del non profit, ma anche le loro aspirazioni, le potenzialità, i limiti e i rischi.
Anche perché soddisfare le esigenze finanziarie del Terzo settore significa, in ultima analisi, adattare metodologie e tecnologie di valutazione del merito di credito, almeno in parte nuove. Più in generale, penso che il dialogo e il confronto con il non profit arricchirà comunque l?intera industria bancaria italiana. Gli spunti forniti dalla ricerca presentata suggeriscono quindi con forza investimenti culturali e tecnico-finanziari. Ciascuna banca con i propri talenti. Di qui la necessità di custodire il pluralismo dei modelli di fare banca in una società evoluta come la nostra. Ne beneficerà la sussidiarietà orizzontale reale, il protagonismo dei soggetti intermedi dell?economia civile, l?arricchimento delle rispettive culture di impresa attraverso percorsi fecondi di contaminazione.

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