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Una ribellione che viene da Est

Il presidente Idriss Déby lo intuiva: un giorno, le 4x4 Toyota dei ribelli si sarebbero fiondate su N’Djamena da Est. Il punto di partenza è il Darfur, regione occidentale del Sudan...

di Joshua Massarenti

Il presidente Idriss Déby lo intuiva: un giorno, le 4×4 Toyota dei ribelli si sarebbero fiondate su N?Djamena da Est. Perché se le vie del potere confluiscono sulla capitale ciadiana, esse provengono tutte dalle aridissime zone orientali del paese. Le stesse che Déby solcò nel lontano 1990 per rovesciare il suo predecessore Hissène Habré.

In entrambi i casi però, il punto di partenza è il Darfur, regione occidentale del Sudan afflitta dal febbraio 2003 da una guerra civile che oppone il regime arabo-sudanese di Khartoum a gruppi ribelli ?africani?. Lì predominano da una parte e dall?altra della frontiera con il Ciad gli zaghawa, l?etnia di appartenenza del presidente Déby e grazie alla quale riuscì a conquistare il potere. Ma si sa, i legami di sangue sono un?arma a doppio taglio. Per Déby si è rivelato fatale soccorrere quei zaghawa perseguitati in Darfur dal regime di Omar El-Beshir. Una scelta obbligata che ha avuto come inevitabile conseguenza quella di aver irritato non poco Khartoum, delusa dal tradimento del figliol prodigo. Da cui l?effetto domino che ha rafforzato i nemici di Déby. I più acerrimi sono i tamas, un?etnia ?araba? alla guida del Fuc – Fronte unito per il cambiamento e in lotta aperta con la minoranza zaghawa. Capeggiati da Mahamat Nour, hanno potuto contare sui cospicui finanziamenti sudanesi per destituire il presidente ciadiano.

Ma non solo. Militari zaghawa imparentati a Déby e in rottura con quest?ultimo per diatribe attorno alla spartizione dei proventi petroliferi del Ciad si sono uniti al Fuc dando forma a un?alleanza tanto fragile quanto innaturale. Al tal punto che da New York è giunta perentoria la condanna del Consiglio di sicurezza contro la sanguinosa offensiva dei ribelli. Infatti, molti specialisti nutrono non pochi dubbi nei confronti di una ribellione troppo divisa che, in caso di vittoria, darebbe luogo a scontri interni insanabili. «Il rischio è che dopo Déby il Ciad possa diventare la Somalia dell?Africa occidentale», si è lasciato scappare un diplomatico francese.

Oltre all?appoggio incondizionato di Parigi, inchiodata nei suoi sogni di preservare un?area di influenza francofona ridotta a un pugno di chilometri, il dittatore ciadiano sembra quindi poter contare, almeno a breve termine, sui timori di una comunità internazionale spaventata dall?idea di raddoppiare gli sforzi in un?area geopolitica già martoriata dal conflitto sudanese.

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