Non profit

Una patente per dialogatori antitruffa

Il decalogo di Amnesty, Greenpeace, Msf, Save the Children e Unhcr

di Emanuela Citterio

Le cinque associazioni hanno messo a punto un codice per gli addetti alla promozione face to face. Obiettivo: maggior trasparenza e maggiori garanzie per i donatori.
Un modello made
in Gran BretagnaUn modo per riconoscere quelli veri da quelli falsi è vedere se formano un team e se nel gruppo c’è un capo team. Sono ormai molte le organizzazioni in Italia che si servono dei dialogatori diretti, persone che in luoghi pubblici o porta a porta promuovono una campagna o un progetto e raccolgono fondi. Per evitare gli abusi, cinque grandi organizzazioni internazionali presenti anche in Italia (Amnesty International, Greenpeace, Medici senza Frontiere, Save the Children Italia e Unhcr – Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) hanno firmato un documento di “buone prassi” con l’obiettivo di garantire maggiore trasparenza della raccolta fondi realizzata mediante la tecnica del face to face.
«Il documento è frutto di un processo lungo e condiviso», spiega Laura Ciccardini, responsabile Marketing di Greenpeace. «Ci siamo ispirati a un codice che esiste in Gran Bretagna già da diverso tempo, il Codes of Fundraising Practices dell’Institute of Fundraising britannico, un ente di terzo livello che si è incaricato di redigere le linee guida per il settore». In Italia non esiste una normativa che regoli le raccolte fondi face to face degli organismi non profit, ci si rifà perciò a norme generiche come quelle sulla vendita porta a porta e quelle sugli stand.
«Il nostro codice di autoregolamentazione è il primo di questo genere, ed è aperto all’adesione di qualsiasi altra organizzazione che voglia dare una garanzia in più sulle proprie operazioni di fundraising», afferma Ciccardini.
Il documento, scaricabile dai siti delle cinque organizzazioni, stabilisce alcune regole di trasparenza sulle raccolte: «Per esempio, i dialogatori devono essere molto chiari su dove andranno a finire i fondi, devono avere uno stile non aggessivo ed esibire sempre un tesserino con il nome e il numero di telefono, in modo che chi volesse chiamare in sede per chiedere ulteriori informazioni abbia la possibilità di farlo», spiega la fundraiser di Greenpeace.
Un altro aspetto chiave è il coordinamento: le cinque organizzazioni promotrici si sono impegnate a lavorare in modo programmato e a scambiarsi informazioni, in modo da non essere presenti lo stesso giorno sulla stessa piazza. Insomma, la pianicazione anche in questo settore diventa cruciale. Infine, le tutele per il lavoratore.
Il testo protegge la professione del dialogatore, stabilendo che debba essere retribuito con un fisso oltre ai possibili incentivi. «Sottoporremo il documento anche alle agenzie profit che si occupano di dialogo diretto», spiega Ciccardini, «chiedendo a quelle che lavorano con noi di controfirmarlo».

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