Al recente Workshop di Riva del Garda è stata ospitata una sessione “semi aperta” al pubblico dove si sono confrontati i principali stakeholders dell’impresa sociale. Tema: quali modifiche possono essere introdotte alla legge di settore per renderla più efficace nell’intercettare il potenziale di imprenditoria sociale e di tutte le risorse connesse (finanziarie in particolare)?
Non entro nel merito delle proposte, peraltro annunciate nel numero di Vita in edicola. Mi limito ad alcune note di contesto che magari saranno già state considerate, ma che comunque mi sento di ribadire in vista di un probabile “autunno caldo” (anche) dell’impresa sociale.
Dunque una nuova legge sull’impresa sociale è importante ma:
1) Non ha poteri taumaturgici. Sostenere, ad esempio, che in Italia mancano investitori sociali che invece abbondano in altri contenti (UK ) e questo solo perché la norma nostrana impedisce di remunerare il capitale investito in imprese sociali, significa non voler fare i conti con questioni ben più profonde che riguardano l’effettiva propensione all’investimento di queste imprese, la dinamiche dei mercati in cui operano, ecc. E in ogni caso: se ci sono condizioni (minime) e volontà (massima) i business angels sociali saltano fuori anche qui, come dimostra qualche coraggiosa sperimentazione…
2) Non funziona senza movimento. E’ facile notare che la famosa mappa delle scuole dell’impresa sociale sia riuscita bene considerando soprattutto i leader e i guru della conoscenza. E se ci si sposta sul campo? Secondo me qualche area verrebbe ridimensionata, un pò come succede con certe rappresentazioni del planisfero. Ci vorrebbe qualche faccia in più (e diversa) di imprenditore sociale che chiede di riassettare il vestito giuridico che indossa tutti i giorni. Gioverebbe alla causa, così come una narrazione condivisa degli aspetti essenziali: cosa sono, come funzionano e quali risultati hanno raggiunto le imprese sociali. La questione è così rilevante che pure la Commissione Europea si è lanciata in una non facile iniziativa per radunare gli imprenditori sociali in una conferenza il prossimo gennaio 2014.
3) Manca il corredo: posto che si riesca nell’impresa riformatrice del testo di legge, si tratterebbe solo del primo passo. E tutto sommato del più semplice. Perché servirebbero poi politiche, progetti e risorse in grado di dare gambe alla normativa, non facendola ricadere nel limbo dove ha stagnato negli ultimi 8 anni. Da questo punto di vista l’agenda del governo nazionale non sembra in grado di dare corso a politiche “di sistema”, essendo più concentrata su singole iniziative: IMU, IVA, ecc. Ci sarebbe però un buon appiglio a cui aggrapparsi: la nuova programmazione dei fondi strutturali, sia nazionale che regionale. Una volta tanto il diktat europeo è condivisibile perché pone come priorità d’investimento proprio l’impresa sociale. Il tempo però è poco, ma forse è quello giusto… vedremo.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.