Cultura

Una morte bianca ma Montecitorio non si ferm

Che cosa una foto può raccontare: una foto che potrebbe essere simbolo di questi tempi. Raccontata dallo stesso autore, Tano D'Amico. Anteprima da VITA Magazine in edicola. Di Paolo Biondi

di Redazione

Potrebbe essere la foto simbolo di questi tempi. Peccato però che simbolo non sia, nella sua drammatica tragicità. C?è un uomo steso a terra, morto. Quasi non si vede, coperto com?è da un altr?uomo inginocchiato al suo fianco: un medico che constata la morte? In quel gesto si immagina anche la mano di un sacerdote che benedice la morte? ma il resto dell?immagine è coperta da un carabiniere che balza verso il fotografo per bloccarne lo scatto. Di un altro operaio (anche quello a terra deve essere un operaio, più precisamente un carpentiere, piovuto lì da qualche impalcatura) si scorgono solo le gambe e i piedi su un?asse di legno candida stesa a terra e una mano a proteggere il silenzio di quella tragedia. Un gesto e una mano che paiono rubati a un quadro di Caravaggio. La testa della vittima è al centro dell?immagine, sbattuta su due tombini della Telecom. Il luogo della foto ce lo dice la didascalia e fa sussultare: «Roma, piazza Montecitorio».

È un?immagine di Tano D?Amico, fotografo ?militante? che nel 68 raccontò in bianco e nero la rivolta degli studenti. Un testimone mitico di un?intera stagione della vita italiana. Da allora ha ritratto volti e storie di umili e diseredati, di operai e di rivolte. Questa foto l?ha tenuta sempre in serbo, quasi per una sorta di pudore. Ma come è potuta succedere una simile tragedia proprio sulla porta del simbolo del potere, sulla porta della Camera dei deputati? L?immagine di Tano D?Amico con la didascalia che lo stesso fotografo vi ha apposto, subito dopo averla stampata. Risale al 30 luglio 2005. Solo ora D?Amico ha voluto raccontarne la storia.
La storia di quell?immagine ce la racconta lo stesso D?Amico, con al collo le sue due inseparabili Leika, macchine antiche, con ottiche preziose che Tano non sostituirà mai con nessuna diavoleria digitale ipertecnologica e che rifornisce sempre e solo di rullini in bianco e nero. «Passavo per caso da piazza Montecitorio ed ho visto il trambusto, mi sono avvicinato e mai avrei pensato di trovarmi di fronte a una morte bianca, proprio lì. Ho scattato, mentre cercavano di impedirmelo, poi sono stato allontanato ed ho avuto il tempo di un altro scatto ai compagni di lavoro desolati e affranti del morto, quando il corpo era già stato rimosso», racconta il 63enne fotografo siciliano. Il racconto prosegue con particolari inquietanti: «Il giorno dopo ho cercato sui giornali il nome di quell?operaio. Niente, nemmeno due righe in cronaca? un fatto mai accaduto, per i giornali. Il mio stupore è aumentato quando Bertinotti ha fatto nel luglio scorso un affollato sopralluogo ai lavori di restauro della facciata di Montecitorio: nemmeno un cenno, nessun riferimento a chi aveva perso la vita per quei lavori». […] L’articolo completo con VITA Magazine in edicola e online per i soli abbonati!

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