Mondo

Una manager con l’Africa nel cuore

Progetti sul campo e politica: Ilaria Borletti, imprenditrice di successo, ci racconta il suo duplice impegno nel mondo della solidarietà. Con una visione tutta anglosassone.

di Benedetta Verrini

Non provateci neanche, a immaginarla come una “signora che fa beneficenza”. Vi dirà, con aplomb britannico, che quel tipo di approccio è “totalmente superato”. Perché, per Ilaria Borletti, “è indispensabile trasferire nel non profit tutta la professionalità e l?efficienza che sono la regola nel mondo degli affari”. L?approccio manageriale e pragmatico è quasi una seconda natura, per una donna proveniente da una grande famiglia di imprenditori, che ha studiato e vissuto anni in Inghilterra. Per capire chi è Ilaria Borletti per il mondo del non profit, basta dare un?occhiata al suo curriculum: presidente della Fondazione Anna Borletti di Arosio; fondatrice e presidente di Amref Italia; membro del consiglio direttivo della Fondazione Il Faro di Roma; advisor per l?Italia della Fondazione Premio Montblanc per la cultura; membro del consiglio direttivo della Fondazione Lotta alla non autosufficienza; presidente del Summit della Solidarietà. Vita: Si è assunta molte responsabilità nel mondo del Terzo settore. Eppure, come fanno molti imprenditori, avrebbe potuto benissimo limitarsi a fare donazioni. Chi gliel?ha fatto fare, signora Borletti? Ilaria Borletti: Ho vissuto a lungo in un Paese, l?Inghilterra, in cui la dedizione alla “cosa pubblica” è un tratto tipico nella tradizione di certe famiglie d?imprenditori. Oltre a questo, nella mia famiglia sono stata educata all?idea che tutti i privilegi andassero in qualche modo restituiti alla comunità, attraverso il coinvolgimento in iniziative non a scopo di profitto. Vita: Le sue prime esperienze nel settore della solidarietà? Borletti: In Africa. Per molti anni sono stata a fare un mese di servizio volontario in un ospedale del nord del Kenya, che era diretto dalla Consolata di Torino. Un?esperienza unica, speciale, che mi ha insegnato un approccio diverso alla vita. Vita: E che poi l?ha portata a fondare Amref Italia… Borletti: Sì. L?ospedale presso cui lavoravo era servito dai Flying Doctors, i famosi “dottori volanti” che si spostano su piccoli aerei, finanziati da un?organizzazione, Amref, già presente in molti Paesi, dagli Stati Uniti alla Svizzera. Un giorno ho conosciuto uno di loro, Thomas Simmons (l?attuale direttore di Amref Italia ndr), che mi ha proposto di aprire un Amref nel nostro Paese. Mi è sembrata una bella opportunità. Anche perché, ormai presa dal “mal d?Africa”, cercavo sempre più legami con questo continente. Vita: è stato difficile aprire in Italia un?organizzazione così particolare? Borletti: Più di quanto si possa immaginare. Avevamo una decina di donatori e una sigla, African Medical Research Foundation, molto difficile da far capire. Proponevamo un?organizzazione laica e non riconosciuta dal ministero degli Esteri, in un mondo, quello della cooperazione internazionale, molto caratterizzato dalla solidarietà cattolica e dai suoi fortissimi canali. Per questo noi, tra i primi in Italia, abbiamo avuto l?idea di affidarci a dei testimonial. è stato un buon sistema per farci conoscere. Vita: è vero. Al punto che è difficile dire Amref senza pensare a Giobbe Covatta! Borletti: Raramente ho incontrato, nella mia vita, una persona più generosa e disponibile di Giobbe. Pochi sanno che lui non è solo il testimonial, ma anche il nostro principale donatore. Fin dall?inizio ci ha chiesto di poter “andare a vedere”, ed è rimasto intrigato dall?approccio di Amref, dal fatto che lavora quasi solo con le comunità locali. è tornato in Africa diverse volte, e non ci ha mai abbandonato. Vita: Da una parte Amref, l?Africa, i progetti sul campo. Dall?altra il Summit della Solidarietà, il mondo delle associazioni italiane, la politica. Come è nato questo secondo fronte di impegno? Borletti: Ho sempre avuto l?ossessione di fare politica del Terzo settore. Quando ho preso le redini del Summit mi stavo impegnando su una proposta di revisione della legge 460 sulle onlus e su un?altra per la deducibilità delle donazioni. Il mio riferimento, da questo punto di vista, è sempre stato l?Inghilterra, uno dei primi Paesi a comprendere che formidabile risorsa sia il Terzo settore. Sempre che sia dotato di leggi e risorse adeguate. Vita: E qui torniamo in Italia? Borletti: Dopo anni difficili, trovo che oggi ci siano elementi positivi nell?evoluzione del Terzo settore. Il problema è che qui si vuole sempre accontentare tutti, dal circolo ricreativo fino alle fondazioni. Il problema dell?Italia è che molto spesso si cerca più il consenso politico all?interno del mondo cui è rivolta una certa normativa, piuttosto che risolvere i problemi che quel mondo manifesta. Vita: A questo proposito, cosa pensa della promozione, in Finanziaria, delle donazioni fatte alla ricerca oncologica? Borletti: Deducibilità solo fino ad aprile e solo per un certo tipo di ricerca? Qualcuno mi deve spiegare che senso ha. Forse gli altri tipi di ricerca sono di serie B? è assurdo: o la deducibilità è una scelta culturale a favore del Terzo settore, come propone, ad esempio, l?iniziativa Più dai Meno versi, oppure si riduce a misure che sanno di contentino furbetto. Vita: Sta per terminare il suo mandato nel Summit. Progetti per il futuro? Borletti: Sono cinque anni che faccio politica. A 47 anni, ho voglia di tornare sul campo. Ho alcuni progetti già pronti a uscire dal cassetto. Info: Per approfondire il tema: Amref Summit


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