Residence. Katerina Mathas ha chiesto il rispetto alla stampa per il dolore che sta provando in una dichiarazione letta insieme ai suoi avvocati, appena scarcerata. Ma non ha accettato domande dei cronisti, sa che l’opinione pubblica non la perdona. Sì, è vero, non è stata lei materialmente ad uccidere il figlio. Gli esami scientifici inchiodano il compagno occasionale di quella notte, Antonio Rasero, il broker 29enne lasciato col figlio Alessandro, di 8 mesi, in un residence. Così il Gip l’ha scarcerata ma lei, la mamma di Genova, resta moralmente sul banco degli imputati. Se veramente, come ha raccontato, era uscita per andare a procurarsi la cocaina, se davvero, com’è trapelato sulla stampa, il piccolo Alessandro non mangiava da ore e il suo pianto sarebbe stata la sua “colpa”, è normale che su Facebook, sui giornali, per strada nel suo quartiere, si registri quasi una rivolta nei suoi confronti. C’è poca pietà per una mamma perdonata dalla giustizia e, forse troppo rapidamente, da se stessa.
Lago. Il mistero della donna trovata uccisa nel lago di Como è durato poco. A compiere il delitto è stato il marito, cittadino della Svizzera italiana, che si è tradito mandando degli sms dal cellulare della moglie, dopo la sua scomparsa. Marco Siciliano, fisioterapista a Chiasso, ha pensato evidentemente di crearsi un alibi con il cellulare della moglie. È andato avanti una settimana, scrivendo cose del tipo: «Torno domenica, non preoccupatevi». Invece la donna era già stata sgozzata e gettata nel lago. E nel bagagliaio dell’auto del marito sono state trovate tracce di sangue. L’ipotesi dell’accusa è che l’uomo abbia ucciso la donna in casa, forse al termine di una lite, e che l’abbia portata oltre confine, in Italia, con la sua vettura. Scaricata nel lago, avrebbe pensato di farla franca.
Studio. Alla fine Alberto Stasi ha accettato di parlare in uno studio televisivo. Lo ha fatto a Matrix in un lungo faccia a faccia. Razionalmente, con puntiglio, ha ripetuto le sue tesi, già espresse nel processo. La parte più nuova del suo racconto riguarda proprio Chiara, il loro rapporto, quello con i genitori della ex fidanzata. Argomenti che non aveva mai voluto toccare, quasi dei tabù. La parte più inquietante del processo riguarda invece un possibile buco delle indagini: la presunta prova regina, la bicicletta, non era quella di Stasi. Era un modello nero, da donna, ed era stata vista davanti alla villetta dell’omicidio da una testimone oculare, sottovalutata fino alle motivazioni della sentenza d’assoluzione. Perché non si è mai scavato su evidenze così chiare? La morte di Chiara resta un giallo irrisolto e una ferita aperta, non solo per Alberto.
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