Cultura
Una macchina da guerra ma per la pace
Emergency: tutti i numeri dell' organizzazione fondata da Gino Strada che in sette anni è diventata una vera numero uno
Essere l?organizzazione più efficace e stimata del momento, presente nei punti più caldi del globo (e su tutti i giornali italiani) contando sul lavoro di sole 50 persone: questa è la scommessa di Emergency, la ong fondata dal chirurgo milanese Gino Strada. Da pochi giorni rientrato a Kabul, dove ha riaperto il ?suo? ospedale chiuso dai Talebani in maggio, Strada ha lasciato la moglie-presidente Teresa Sarti e tutto lo staff della sede di via Bagutta, a Milano alle prese con il più straordinario momento di celebrità e lavoro della breve storia dell?organizzazione, nata nel 1994 e oggi letteralmente sommersa da un flusso di interesse e vicinanza senza precedenti. Giornalisti, aspiranti volontari, scuole, enti locali, perfino calciatori e cantanti: tutti vogliono Emergency, tutti aiutano Emergency. Ma Emergency come fa a reggere l?urto, e contemporaneamente a gestire i propri 25 punti di soccorso e 7 ospedali sparsi per il mondo? In altre parole: come funziona?
«Stiamo lavorando anche nei fine settimana, non abbiamo più orari», ammette Teresa Sarti, stretta tra un?ospitata a Radio Popolare, un intervento telefonico a una conferenza stampa, e la chiamata di Strada che da Kabul le manda una mappa con la propria posizione da inviare all?ambasciata americana, perché le bombe usino qualche riguardo? «Dopo l?11 settembre la nostra attività si è decuplicata, eppure siamo sempre gli stessi, stipati in questa sede grande la metà di quanto ci servirebbe, costretti a rifiutare volontari e perfino i laureati dell?università Bocconi, che vorrebbero venire qui per degli stage. Mi piacerebbe che venissero a dare una mano, ma dove li metto?».
Dieci ragazzi sul campo
Certo non in uno dei quattro uffici principali dell?organizzazione, in cui lavorano 20 collaboratori fissi e una decina di volontari. Supporto delle attività all?estero, gestione volontari, amministrazione e comunicazione: sono queste le aree in cui si articola il lavoro di Emergency, ma «qui le divisioni non sono rigide», chiarisce Teresa Sarti, «e le decisioni si prendono insieme. Per quelle importanti si riunisce il direttivo, formato da sette persone; per le altre basta darsi una voce, e ci ritroviamo nella mia stanza». Del Consiglio direttivo fanno parte, oltre a Gino Strada e a Teresa Sarti, i responsabili di settore più il vicepresidente Carlo Garbagnati (che cura l?edizione del periodico Emergency, quadrimestrale che tira 110mila copie), e due soci ?storici?, Franco Casella e Giulio Cristoffanini.
Difficile dire quale ufficio oggi sia più sotto pressione; così decidiamo di partire dalla Field operation support unit (Fosu), che si occupa di aiuto logistico e organizzativo per i team all?estero ed è diretta da Giorgio Raineri, appena tornato dalla Cambogia. In una stanza di tre metri per quattro, con alle pareti orologi puntati sui fusi orari dei Paesi in cui Emergency è presente (Afghanistan, Kurdistan, Cambogia e Sierra Leone), la responsabile dell?Afghanistan, Rossella Miccio, 27 anni e un master europeo in aiuti umanitari, ci parla dell?attività della squadra. «Il nostro compito è favorire il lavoro del personale espatriato e locale, cioè rispettivamente 24 e 1500 persone», dice Rossella, che sta organizzando il trasporto, via elicottero fornito dall?Alleanza del Nord, di un carico di cibo e medicinali in Panshir. «Ogni Paese ha un responsabile incaricato di fornire qualunque cosa sia necessaria, dai materiali al personale. Non maneggiamo soldi, per fare gli acquisti ci rivolgiamo all?amministrazione. Quando abbiamo comprato il materiale, ne curiamo il trasporto fino a destinazione». Al Fosu arrivano anche i curricula (già esaminati da Teresa Sarti) dei medici che vogliono lavorare con Emergency e i ?progettini?, cioè le offerte da parte di sponsor (anche privati cittadini) che acquistano direttamente articoli o materiali per la ong. L?ultimo ?progettino? ha visto la donazione di un?ambulanza da parte di una banca. «Adesso siamo in 10 a lavorare al Fosu come collaboratori fissi», conclude Rossella, «più uno stagista arrivato dalla Bocconi».
Arriva anche la Sicilia
Dall?estero all?Italia, l?ufficio che si occupa della gestione dei volontari non è meno indaffarato. A tenere le fila sono in quattro, tutti sotto i 30 anni: Chiara Vallania (volontari Italia), Paola Ballardin (volontari e iniziative Lombardia), Anna Peresani (cultura) e Mauro Tricarico (scuola). «Milano è la nostra base, e la Lombardia il territorio dove siamo più presenti», spiega Paola Ballardin. «Qui possiamo contare su 200 volontari. Le loro attività sono di supporto alla sede: segreteria, corrispondenza, inserimento dati. Fuori sede, organizzano banchetti informativi e di raccolta fondi, e incontri per scuole, parrocchie e associazioni». La stessa attività che tiene impegnati i 70 gruppi locali di Emergency, nati soprattutto al Nord ma oggi in via di costituzione anche in regioni ?scoperte? fino all?11 settembre, come la Sicilia. Ma come nasce un comitato territoriale? «Di solito da una telefonata di un aspirante volontario», spiega Chiara Vallania, «cui per prima cosa spiego che il lavoro non è di soddisfazione immediata, che deve scordarsi il sorriso del bambino che lo ringrazia per avergli salvato la vita. A noi tocca l?attività di organizzazione, informazione e raccolta fondi. A chi è deciso a mettere su un gruppo, poi», continua, «spedisco materiale sulla struttura e una lettera-tipo da inviare agli enti locali per farsi conoscere; quando il gruppo è costituito, ci incontriamo. Due volte l?anno, infine, sono fissati i meeting di tutti i volontari italiani».
Gli strumenti a disposizione di sostenitori e amici, oltre che del gruppo-scuola (in grado di fare presentazioni in tutta Italia) e del gruppo-cultura (incaricato dei contatti con teatri, esposizioni, attori, registi) sono molti: dal film Jung sulle mine in Afghanistan, al libro di Strada Pappagalli verdi, e poi mostre fotografiche, video, spettacoli teatrali?
Un bilancio da Oscar
La crescita esponenziale di Emergency, passata da una raccolta fondi di 3,9 miliardi di lire nel 1999 ai 16 previsti quest?anno, si deve anche a un?altra sezione: la comunicazione. Ketty Agnesani ne è la responsabile dall?inizio: «Abbiamo fatto un buon lavoro», dice, «e tanti mi chiedono il segreto del nostro successo. Ma l?unico segreto è avere qualcosa da dire. Se no, puoi avere il testimonial migliore del mondo, non servirà a niente». Quasi dimenticati i tempi in cui era lei a dover promuovere il lavoro di Emergency, ora l?occupazione principale di Ketty è filtrare le proposte di partnership che le piovono sul tavolo da aziende, Comuni, Regioni, mass media. Facendo attenzione agli interlocutori.
«Non puoi dire di sì a tutti, perché c?è sempre chi invece di aiutarti cerca di farsi pubblicità a tue spese. I segnali sospetti? Quando chiedono la presenza di uno dei nostri testimonial, come Jovanotti o Pelù, senza approfondire i contenuti, o devolvono percentuali irrisorie dei profitti. Allora dico no, grazie». Oggi Ketty Agnesani non è più sola: con lei, con funzioni di ufficio stampa, lavora Giovanna Valsecchi.
La responsabile dell?amministrazione, Mariangela Borella, è arrivata a Emergency come volontaria e lo è rimasta ancora oggi. Capelli d?argento e grandi occhi azzurri, la signora Borella non ha esitazioni a mostrare le cifre del bilancio, premiato di recente con l?Oscar di bilancio per la categoria ong, e stilato ogni sei mesi. «Da gennaio a giugno abbiamo avuto entrate per 7,4 miliardi di lire», dice. «Da settembre il flusso è cresciuto enormemente, ma non abbiamo ancora fatto i conti». L?attività dell?ufficio è frenetica: Emergency conta per quasi la metà su contributi di Stato ed enti locali, ma ogni donatore privato riceve una cartolina di ringraziamento; poi ci sono le tessere associative (40mila l?una per 12 mesi), gli stipendi (in tutto 52, di cui 8 per i sanitari kurdi), gli attestati speciali per i bambini che inviano i loro risparmi. Totale, quattro persone fisse più un volontario.
«Finora siamo riusciti a contenere le spese di gestione entro il 6 per cento», conclude Mariangela Borella, «ma sarà molto difficile mantenerci a questi livelli così bassi anche in futuro». Nei programmi di Emergency, rientra infatti un cambio di sede (in quella di oggi, di proprietà comunale, l?affitto è 40 milioni l?anno) e un ampliamento di organico, proprio per far fronte alle nuove sfide.
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