Mondo

Una lettera disperata dall’Argentina

Chi scrive è un'imprenditrice italiana, "invischiata" nella crisi argentina. Che, di certo, non si risolverà aggiungendo una terza moneta. Il problema? Sono finiti i dollari...

di Paolo Manzo

Gentilissima Redazione di Vita, vi scrivo perché ho bisogno di raccontare la mia storia. Forse vi interessa, anche perché questa storia non è solo la mia, ma di milioni d?Argentini. Io sono italiana (di Napoli) e vivo in Argentina dal 1998. Posseggo due imprese, una di Consulting nell’ambito del trasporto marittimo e un’altra che si occupa di charter e management d?imbarcazioni. I primi due anni le cose sono andate discretamente. Avevamo un buon livello d?attività, l’impresa cresceva, davamo lavoro a 15 persone e avevamo acquistato lo studio dove attualmente svolgiamo la nostra attività. Oggi non abbiamo più nessun dipendente, siamo rimaste solo io e mia cugina (siamo socie) e abbiamo debiti per 40mila dollari. L’interesse che paghiamo è del 50% annuale e non prevede ammortizzazione alcuna del capitale. In altre parole dobbiamo pagare interessi in eterno, finché non riusciremo a riunire i 40mila dollari per pagare l’ipoteca che adesso grava sul nostro studio. Ma non finisce qui: il tre di dicembre l?ex ministro dell’economia (Cavallo) ha imposto la ?bancarizzazione? e ci ha sequestrato tutti i soldi che avevamo in banca, nonché quelli da percepire, perché oggi in Argentina l’unico modo di ricevere un pagamento è tramite assegni, bonifici e carta di credito. In teoria i soldi stanno nei conti correnti della gente ma, in pratica, nessuno ne può disporre di oltre 1000 pesos al mese. E, per terminare il quadro, non solo ci hanno confiscato i soldi ma ce li hanno cambiati a forza in pesos. E io avevo solo dollari in banca perché, per il lavoro che faccio, mi pagano in dollari. Dal tre di dicembre, quando vado in banca a ritirare i miei 250 dollari a settimana, non mi danno più dollari ma pesos. E se voglio dei dollari mi obbligano a cambiare i pesos in dollari ad un valore di 1,50 pesos per ogni dollaro… Stanchi di tutto ciò mercoledì scorso siamo scesi tutti per le strade, con quello che avevamo per fare rumore: pentole, tamburi e bidoni di latta vuoti. L’Argentina ha fatto sentire il suo dissenso e la sua rabbia ma la risposta è stato lo stato d?assedio (el estado de sitio) e, come nei tempi migliori della dittatura, il giorno dopo c?è stata una repressione crudele e spietata. Sono morti 140 compagni (questa notizia, sarà verificata da Vita, nei prossimi giorni poiché tutta la stampa internazionale ha sempre parlato di una trentina di morti, ndr), la maggior parte ragazzi tra i 18 e i 35 anni. Io ne ho trentasette e ho partecipato pacificamente, come la maggior parte della gente. Gli atti vandalici di distruzione che immagino abbiate visto, nonché gli assalti ai supermercati, non sono una novità in questo paese e non sono responsabilità del popolo argentino. I protagonisti degli episodi di violenza sono i soliti mercenari, appartenenti a gruppi tipo Quebracho (uno dei raggruppamenti studenteschi più violenti dell?Argentina, ndr) e compagnia, pagati dall’opposizione e, in ogni caso, da coloro che avevano interessi destabilizzanti. Oggi è la vigilia di Natale e tra tre giorni sarà passata una settimana dal ?cacerolazo? (la rivolta delle pentole, ndr) e dalla proclamazione dello stato d?assedio, ma restano i politici corrotti, l’usura, le tariffe dei servizi più care del mondo e la banca ladra e usuraia legalizzata. E io, come milioni di argentini che hanno alzato la voce, mi sento un’idiota. Io e tutti quelli che siamo scesi in piazza siamo stati solo degli utili idioti. Ingenuamente abbiamo pensato che potevamo opporci a questo sistema di schiavismo, a questo modello economico e politico di neoliberalismo selvaggio, malvagio e perverso. Oggi quando vedo i peronisti che agitano la bandiera del trionfo e della demagogia, annunciando piani di salvataggio e benessere da ?Alice nel paese delle meraviglie?, mi viene contemporaneamente da piangere e da vomitare. Piango per i ragazzi morti inutilmente. La loro vita è servita a mantenere lo status quo e ad incentivare il trasformismo (che evidentemente non è solo una prerogativa italiana). Vomito perché quello che succede qui non gli interessa a nessuno. Dove sta la gente? Dove sono finite le Ong? Dove stanno quelli che difendono i diritti umani? Dove sta la solidarietà? Qua la gente muore e tutti girano le spalle. Questo sarà un Natale triste per non dire di peggio. Grazie per aver ascoltato questa storia. Gradirei tantissimo che la conosca altra gente. Buon Natale, Lettera firmata


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