Famiglia

Una lettera da Gaza. Asmaar, che ho visto morire da piccola

"Avevi 9 anni, non ti conoscevo. Il proiettile che ti ha uccisa mi è sibilato sopra la testa. Avesse colpito me sarebbe stato un caso diplomatico. Per te, niente...".

di Redazione

Il 10 agosto a Kahn Yunis, nella striscia di Gaza, un cecchino israeliano ha ucciso una bambina palestinese di 9 anni di nome Asmaar. Tra i testimoni c?era anche un volontario italiano, dell?Associazione Giovanni XXIII. Cecco, questo è il suo nome, ha immaginato di scrivere una lettera a quella bambina che non aveva conosciuto, ma che ha visto morire senza nessuna ragione. Cara Asmaar, ti conosco da meno di una settimana ma già posso dire che mi piaci. Quando sono stato in Congo ho visto molti bambini e bambine, ma purtroppo sono riuscito a conoscere pochissimi di loro. La povertà creava una distanza enorme tra me e loro. La mia condizione di privilegiato occidentale non mi ha mai permesso di conoscerli a fondo. Invece sento che con te è diverso. Non che tu non sia povera: tutt?altro! Ma la tua poverta? non è una condizione di lontananza fra noi due. C?è come un?intesa tra di noi. Gli adulti qui nella Striscia di Gaza sono sempre contenti di sapere che siamo italiani. è come un lascia passare che ci permette di entrare nel vostro mondo, nel dolore che provate per la vostra terra rubata, per le vostre case violate, per i tuoi giochi interrotti dai soldati… E forse questo passe partout lo conosci anche tu, che hai solo 9 anni ma già mi hai dato il permesso di entrare a piccoli passi nella tua vita. è bello vedere i bambini come te giocare nelle strade di Khan Yunis e di Qarara: sembra che basti pochissimo a farvi divertire. Se poi vedete uno di noi italiani subito ci venite incontro dicendo ?Shalom! au ariu??. In Italia dovrò giurarlo che dei bambini palestinesi ci salutano dicendo ?pace? nella lingua dei nemici dei loro genitori: nessuno mi crederà! Mi hanno spiegato che voi ragazzini confondete facilmente gli israeliani con gli stranieri in genere e quindi salutate ogni forestiero col saluto ebraico. I paradossi della violenza e l?innocenza di voi bambini: che dolce dissonanza! Sai dalla settimana scorsa, quando io, Michele e mia moglie Eva abbiamo visto quegli spari passarci sopra la testa, non mi dò pace. Non riesco a credere che quei proiettili, che mi hanno così spaventato, ti hanno uccisa. Vedere degli spari è un po? come vedere un film di guerra: all?inizio non fa tanta paura. Non sembra vero. Poi vedi gli altri intorno a te ripararsi dietro qualcosa allora capisci che la faccenda è seria. Anch?io mi sono nascosto dietro un cumulo di macerie e sabbia, insieme a Eva… abbiamo avuto paura. Ed ora siamo vivi. Probabilmente se qualcuno di noi fosse morto il nostro governo avrebbe fatto ?un gran casino diplomatico? come solo noi grandi sappiamo fare! E forse il criminale che da quella torretta ti ha ucciso ora sarebbe in prigione o in una specie di castigo per gli adulti. Ma tu, non avendo uno Stato, non hai neanche un governo che ti possa difendere. Mi dispiace tanto sai che tu sia morta, l?abbiamo detto anche ai tuoi genitori al tuo funerale. La mamma era giù, ma il babbo è stato molto forte e le diceva parole di conforto. C?era un sacco di gente, soprattutto anziani e bambini, tutti vestiti bene. Ci hanno offerto dei datteri e del caffè. è stato al tuo funerale che ti ho visto per la prima volta. Il papa? mi ha dato una foto di te in un piccolo manifesto in cui sei ritratta davanti ad una moschea. Sei diventata famosa sai? Quel manifesto è appeso su molte vie di Qarara e la gente ti chiama ?martire?. Oggi l?ho visto con Eva dal taxi che ci riportava a casa dopo una notte passata in una famiglia di Qarara, che vive davanti agli insediamenti israeliani. Ci sono tantissimi altri manifesti in città. Alcuni ritraggono giovani armati, altri mostrano un volto davanti ad una moschea e alla bandiera della Palestina. Non ti preoccupare non credo che i grandi ti celebreranno come celebrano i kamikaze o gli altri ?eroi?… tu sei solo una bambina e per giunta non hai ucciso nessuno. Ma credo che per questo avrai un posto importante nel mio cuore. Sai vorrei proprio che si facesse giustizia circa quel soldato che ti ha ucciso. In fondo conosco l?ora e il posto e sono stato testimone, insieme ad altri italiani, degli spari che partivano dalla torretta che già altre volte abbiamo visitato. Mi hanno detto che c?è un?associazione israeliana a cui mi posso rivolgere, ma sarà difficile che riuscirà a fare giustizia… i militari sono protetti da mille armature. Mentre tu avevi solo il tuo corpo. Ma io ci voglio provare lo stesso. Andrò da questa associazione e parlerò loro di te e di come sei morta. Credo che la nostra amicizia continuerà per molto tempo. Cecco Il presidente di Save the Children Italia sul caso che ha sconvolto l?Inghilterra Holly e Jessica, c?è un perché La storia di Holly e Jessica, le due bambine rapite e uccise in Gran Bretagna, dimostra ancora una volta quanto sia importante distinguere fra diritti dei minori e diritti della famiglia. Perché i diritti dei bambini possono essere violati anche dai loro genitori o, come nel caso di Holly e Jessica, da persone che le conoscevano.Come proteggere allora i bambini quando a minacciarli è chi dovrebbe proteggerli? Quando il pericolo si annida in strutture che dovrebbero aiutarli a crescere, come la scuola. La nostra risposta è questa: formazione e trasparenza. Le uniche armi per combattere chi approfitta di scuole e organizzazioni come la nostra per avvicinare i bambini. Chi lavora a Save The Children, per esempio, col contratto firma una policy sulla protezione dei minori che, tra le altre cose, impegna a denunciare casi di eccessiva familiarità o vicinanza coi bambini. Il non profit è un facile target per i pedofili, lo abbiamo denunciato poco tempo fa insieme all?Acnur quando si è saputo di operatori umanitari che avevano abusato di bambini in Africa. Per questo dobbiamo stare doppiamente all?erta: policy come la nostra, e la formazione attenta del personale che a diverso titolo lavora con i bambini, sono uno strumento fondamentale per tutelarne i diritti. Angelo Simonazzi


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