Cultura

Una grande occasione rimasta sulla carta

Il punto sulla legge 68

di Redazione

Oltre a riconoscere in modo senza precedenti il diritto al lavoro dei disabili, la legge 68/99 ha assegnato un importante ruolo alle cooperative sociali di cui viene valorizzata la competenza professionale nel formare persone deboli sul mercato del lavoro. Ma una prima lettura dei dati sull?applicazione di questa legge smorza gli ottimismi: dopo tre anni, l?applicazione della legge segna il passo e per contare le singole cooperative sociali concretamente coinvolte nella sua attuazione bastano, per così dire, le dita di una mano.
Questi risultati insoddisfacenti sono in parte dovuti a ritardi di varia natura, in parte a limiti e imperfezioni già presenti nel testo della 68/99, frutto di posizioni ideologiche e pregiudiziali.
In tutta la legge è evidente e apprezzabile il riconoscimento della centralità della persona, considerata destinataria di servizi di supporto fortemente integrati. L?obiettivo ben esplicitato è infatti quello di inserire al lavoro i disabili tramite percorsi personalizzati in grado di rispondere alle esigenze di ogni singolo individuo, e grande importanza viene data alla necessità di flessibilità nell?applicare gli strumenti predisposti.
Ad esempio, se un aggravamento delle condizioni di salute del disabile o variazioni dell?organizzazione della struttura dove egli è impiegato dovessero causare un?incompatibilità tra le mansioni e le effettive capacità del disabile, la legge consente la sospensione del rapporto di lavoro sino a quando la situazione non venga risolta. Alle cooperative sociali vengono aperti spazi di azione molto interessanti, in virtù della loro capacità di gestire percorsi di accompagnamento al lavoro fortemente orientati alla persona.

Rigidità ideologiche
L?articolo 11 stabilisce la possibilità di stipulare con cooperative sociali o loro consorzi convenzioni di inserimento lavorativo e convenzioni di integrazione lavorativa al fine di realizzare un?azione di collocamento mirato di quei soggetti che presentino particolari difficoltà, come è il caso dell?handicap psichico o comunque l?handicap mentale in senso più lato. Ancora più esplicitamente, l?articolo 12 consente alle imprese soggette all?obbligo di assunzione di affidare a una cooperativa sociale una commessa di lavoro nella quale dovranno essere impegnati i disabili destinati poi a essere integrati nell?azienda stessa.Purtroppo, su questo articolo si incentrano le difficoltà principali che hanno reso difficile una vasta applicazione della legge. Su di esso è emerso lo scontro tra chi valorizza la possibilità del disabile di compiere un percorso di crescita che lo integri realmente nel mondo del lavoro e quella, a mio avviso più ideologica, basata sul rigido convincimento che il disabile abbia diritto a un posto di lavoro, piuttosto che al lavoro.
Così, durante il dibattito parlamentare è stato deciso che il disabile che entra in cooperativa in base a una convenzione debba essere assunto dall?azienda fin dall?inizio.
Ma è un provvedimento figlio di una cultura assistenzialista che svalorizza il reale valore di emancipazione e responsabilizzazione dei singoli del diritto al lavoro. E introduce fortissime rigidità: spinge le imprese a scegliere un disabile ritenuto sin dall?inizio ?giusto? per svolgere determinati compiti, negando così paradossalmente il ruolo formativo e di accompagnamento al lavoro.

No ai parcheggi
Ma gli ostacoli al decollo della legge 68/99 possono e devono essere superati. Se le cooperative sociali di tipo B non colgono nel migliore dei modi questa opportunità, rischiano di trasformarsi in ?zone di parcheggio? incapaci di realizzare efficaci percorsi di inserimento lavorativo e pertanto destinate a non avere futuro. Per evitare ciò occorre stipulare le convenzioni in base a linee programmatiche che consentano ai soggetti sul territorio di superare problemi quale il vincolo della ?contestuale assunzione?.
La convenzione non può ridursi a un rapporto esclusivo tra una singola cooperativa e una singola impresa. È indispensabile un approccio ?di sistema?: le cooperative, rappresentate da una struttura di secondo livello, magari un consorzio, devono stipulare una convenzione con un gruppo di imprese che impegni le parti al collocamento di un certo numero di disabili.
Occorre dar vita a partnership locali tra coop, imprese, servizi territoriali per l?impiego, sindacati e associazioni-utenti; occorre costituire tavoli di concertazione per dar vita ad ?accordi quadro? che rendano applicabile lo strumento delle convenzioni.
Una tale flessibilità garantirebbe che il posto di lavoro disponibile in una certa azienda soddisfi tanto il disabile quanto l?impresa: solo così il collocamento potrà avere successo.
Franco Marzocchi

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