Mondo
Una giornata senza di noi
Oggi in tutt'Europa il primo sciopero dei migranti
Non è la prima volta che scendono in piazza. Ma è la prima che organizzano un “loro” sciopero per dire: ci siamo, abbiamo delle vite e dei diritti. Una data in qualche modo “storica”, questo lunedì 1° marzo.
La rivoluzione in giallo
I migranti l’hanno voluta così. Colorata e allegra. Una giornata non violenta, semplicemente per dire: lavoriamo qui, diamo un contributo importante al paese e incrociando le braccia, voi probabilmente vi accorgerete di quanto sia significativo il nostro impegno. Sono quasi 5 milioni gli stranieri che vivono in Italia e che si sentono «stranieri» anche a causa di un clima che percepiscono ostile. Un movimento «meticcio», «orgoglioso di riunire al proprio interno italiani, stranieri, seconde generazioni, e chiunque condivida il rifiuto del razzismo e delle discriminazioni verso i più deboli» come si legge sul sito www.primomarzo2010.it, dove è possibile trovare nel dettaglio l’agende delle diverse manifestazioni cittadine. Giacché i 60 comitati locali, supportati da tante associazioni (Amnesty, Arci, Acli, Legambiente, Emergency, Amref) hanno ciascuno in modo autonomo individuato luoghi e modi della «giornata senza di noi». Uno sciopero vero e proprio si svolgerà solo in alcuni centri: Trento, Trieste e Modena. A Roma, ad esempio, dalle 10.30 si daranno “Lezioni di clandestinità” a Piazza Montecitorio, con gli studenti medi e universitari (nel pomeriggio, dalle 17, il corteo partirà da Porta Maggiore). A Milano l’appuntamento è a Palazzo Marino, alle 9.30 per un corteo seguito da dibattito. A Firenze il presidio (in piazza Santissima Annunziata) si svolgerà dalle 16. In tutte le città, comunque, alle 18.30 saranno lanciati in cielo palloncini gialli.
Molte le adesioni
L’iniziativa (che è organizzata contemporaneamente in Francia, Spagna e Grecia) mira, come spiega la portavoce del movimento, Daimarely Quintero, «a sottolineare la nostra volontà di partecipare alla vita politica e sociale di questo che è anche il nostro paese. Contribuiamo per il 10% del Pil e vogliamo poter dire la nostra». Oltre ad essere appoggiato dal mondo dal mondo associativo (su Facebook quasi in 50mila si sono associati al gruppo), lo sciopero conta su molte adesioni di partiti (Partito Democratico, Sinistra ecologia e libertà, Prc, Psi) e sindacati (Cobas, Fiom); e si configura come il primo appuntamento di una serie. «Non c’è solo il primo marzo. Anche lo sciopero generale della Cgil del 12 marzo», ha spiegato Pietro Soldini, responsabile immigrazione del sindacato, «avrà tra i suoi punti la difesa dei diritti dei lavoratori immigrati. Sarà insomma un grande sciopero multietnico, perché i problemi dei lavoratori stranieri sono i problemi di tutti i lavoratori. Poi si proseguirà con le iniziative antirazziste fino al 21».
Sostegno e dubbi
Vi sono però anche alcune voci critiche. Quella di Liliana Ocmin, sindacalista Cisl è decisamente scettica: «lo sciopero solo per i migranti presuppone che questo fenomeno riguardi solo loro. Non è così.. La battaglia contro il lavoro nero va fatta per tutti. Il rischio “schiavitù” coinvolge tutti. Oggi tocca agli immigrati e domani? Comunque è una questione che deve essere affrontata responsabilizzando gli enti locali e il governo centrale». Chi invece difende la manifestazione è lo scrittore senegalese Pap Khouma: «Gli immigrati devono reagire In modo pacifico, ma reagire». «Si deve dire basta a questi fatti gravi di razzismo attraverso una iniziativa valutata assieme ai sindacati e agli altri attori del territorio. Rosarno non è solo in Calabria: il caporalato esiste anche a Milano. Una situazione di fronte alla quale il governo fa il gioco delle tre carte». D’altronde, gli fa eco Vincenzo Linarello, presidente del consorzio Goel, «occorre ribadire il contributo essenziale dei migranti e riaffermare il diritto di cittadinanza eroso in questi anni. È solo “abitando” il territorio che si combatte contro le infiltrazioni mafiose». Sulla necessità di confrontarsi sul fenomeno migratorio insiste, infine, Mario Ciampi, direttore della fondazione Fare Futuro: «ho il dubbio che con questa iniziativa si mettano sullo stesso livello gli immigrati regolari e quelli irregolari. È però necessario l’Italia metta a punto un modello di integrazione. E che la classe dirigente si dimostri all’altezza di questo compito».
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