Mondo
Una giornata di ordinario dolore
Tra le macerie di un paese che cerca disperatamente di rialzarsi
di Paolo Manzo
Per chiunque provi ad avvicinarsi i quartieri più colpiti di Concepcion, non lontano dall’epicentro del sisma che ha devastato il Cile, respingono con forza lo sguardo indiscreto dell’osservatore. Un esempio per tutti. L’immagine del palazzo di quattordici piani spaccato a metà. E’ un pugno al cuore, che al solo guardarlo viene male. Eppure anche da quello che è diventato un monumento al dolore, vengono fuori, contro ogni speranza, dei richiami di vita. Come ben dimostra la storia di Alberto Rozas, 25 anni e a sua figlia di 7 anni. Abbracciati, nella vita come nella morte. Ma il destino ha dato loro un’altra chance. Il palazzo è letteralmente precipitato su se stesso spaccandosi in due. Così padre e figlia si sono trovati anche loro a precipitare dal tredicesimo piano in cui si trovava il loro appartamento, abbracciati appunto. Il che li ha salvati perchè i due corpi si sono fatti scudo l’un l’altro.
“E’ stato terribile -spiega Alberto mescolando il dolore di quanto vissuto con la gioia del lieto fine – siamo stati letteralmente sbalzati fuori dal nostro appartamento. Ricordo solo della luna piena che illuminava la notte. Io credevo di morire ma in quegli attimi ero rimasto quasi ipnotizzato da questa luna piena che ci guardava”. Ma la storia di Alberto non è l’unica a lieto fine del suo palazzo in cui i soccorritori stanno ancora cercando una sessantina di persone. I vicini del secondo piano Maribel Alarcón e suo marito Gunther poco prima della scossa erano corsi in camera di Oliver, il loro bambino perché piangeva. Spostarsi di stanza li ha salvati. La cameretta di Oliver è stato l’unico locale del loro appartamento a rimanere in piedi.“Siamo dei miracolati” ripete come un mantra Maribel mentre guarda quel che resta del suo palazzo. Intanto la città è un corpo fantasma dove si incontrano sempre più militari.
L’esercito cileno è stato infatti dispiegato in abbondanza, circa diecimila gli uomini, nelle regioni più colpite, quella del Maule e del Bio Bio per assistere nella distribuzione umanitaria e soprattutto per garantire la sicurezza e prevenire nuovi episodi di saccheggio, dopo che le autorità hanno proclamato il coprifuoco. La situazione è comunque drammatica. Non è ancora ripresa, infatti, la fornitura di acqua e di energia elettrica e in molti si sostituiscono ai soccorsi ufficiali. Come José Anabalón Miranda, di una piccola città non lontano da Concepcion che quando ha saputo che nel caos era finito anche il sistema viario vicino casa con centinaia di automobilisti nel panico per i ponti crollati si è improvvisato vigile. Ha disegnato un cartellone con su scritto Sur, cioè sud insieme ad una bella freccia e si è piazzato sullo svincolo dell’autostrada. In molti sono riusciti in questo modo a scappare dalle zone più colpite. Storie dunque di un paese solidale con se stesso ma anche bisognosi di aiuti in questo momento.
Il governo, dopo aver dichiarato lo stato di catastrofe ha chiesto ufficialmente aiuto alla comunità internazionale. Il numero dei morti “continuerà ad aumentare” ha dichiarato il ministro dell’Interno cileno Edmundo Perez Yoma. Rintracciato anche l’insegnante italiano. Federico Albertini, originario di Ascoli Piceno, di cui non si aveva notizia.
A 300 km più a sud la capitale Santiago offre uno spettacolo diverso. I danni sono inferiori ma ugualmente gravi. Solo che lo spirito di ripresa tipico di una grande metropoli anche in questo caso fa la differenza. L’aeroporto di Santiago è stato per esempio già riaperto. Certo solo per pochissimi voli e il controllo passaporti si fa sotto una tendopoli di fortuna che sostituisce il terminal danneggiato. Ma è già qualcosa per chi vuole anche soltanto sperare nella possibilità di ricominciare.
In città la prefettura ha fatto una prima stima degli edifici colpiti, sono circa 1500, tanti per la memoria di un posto, pochi se si pensa che solo Santiago conta poco più di 6 milioni di abitanti. La situazione è invece più delicata per gli ospedali e il patrimonio storico. L’ospedale Félix Bulnes, un importantissimo centro pediatrico è stato evacuato in fretta e furia nelle scorse ore per inagibilità. I suoi 230 pazienti portati altrove. Preoccupazione c’è adesso anche per i monumenti. Il direttore di uno dei più importanti musei della capitale, quello di arte contemporanea, il Mac non ha voce per gridare
il suo dolore “E’ una tragedia” spiega Francisco Brugnoli. Pezzi interi dell’edificio che custodisce il museo sono crollati, così come è successo per il il Museo nazionale delle Belle arti. Inagibile il Teatro municipale e completamente inclinata la cupola della Biblioteca Nazionale. A Valparaíso il quadro è ancora più drammatico. Il suo centro storico dichiarato Patrimonio dell’Umanità è un ammasso di macerie e palazzi crollati.
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