Famiglia
Una exit strategyper gli affidi sine die In famiglia o in strutture residenziali: per 26mila ragazzi la transizionediventa infinita. Ecco le proposte per cambiare rotta di Benedetta Verrini
minori AiBi vara il decalogo per gli "out of family children"
di Redazione
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Una Carta dei diritti del bambino fuori dalla famiglia: è lo strumento, giuridico e culturale, lanciato dall’associazione Amici dei Bambini per affrontare il problema di migliaia di minori (26mila, secondo le ultime statistiche) accolti in comunità residenziali o presso famiglie affidatarie.
Oltre che solennemente proclamato, il diritto di un bambino alla famiglia dovrebbe essere anche esigibile. Ma oggi in Italia non lo è affatto, alla luce di un ordinamento e di un sistema di servizi ancora “adultocentrici”, in cui l’interesse del bambino a crescere circondato dall’affetto e dalla sicurezza di una famiglia stabile “sfuma” in situazioni di infinita transizione, in un limbo di forme di accoglienza temporanee eppure rinnovate anno per anno, fino a diventare “sine die”.
Se ne è discusso nel corso del convegno annuale AiBi, intitolato Legàmi: il mito della famiglia di origine, che si è svolto a Cervia il 29 agosto. L’appuntamento ha rappresentato il momento clou di dibattito nell’ambito di un’intera settimana che le famiglie adottive e affidatarie dell’associazione hanno dedicato al tema dell’accoglienza come “scelta politica”. Sono intervenuti alcuni dei più attenti e appassionati addetti ai lavori, tra cui Pasquale Andria, presidente del Tribunale dei minori di Potenza e lo psicologo Leonardo Luzzatto, la presidente dell’Associazione dei magistrati per i minorenni e la famiglia, Maria Rita Verardo e Anna Serafini, relatrice della legge 149 e attuale vicepresidente della Bicamerale infanzia.
La giornata è servita a promuovere una nuova e rivoluzionaria definizione dello status di minorenne allontanato dai propri genitori biologici: “out of family children”, ovvero un bambino (o un adolescente) in una condizione d’emergenza a cui si deve far fronte nel miglior modo (e nel minor tempo) possibile.
L’Ofc è un cittadino portatore di una serie di diritti immediatamente esigibili, indicati nella Carta elaborata da AiBi: diritto primario all’accoglienza in una famiglia (e non al semplice intervento assistenziale di ricovero in una comunità); diritto a una chiara definizione dello stato di abbandono (considerato da un punto di vista oggettivo, a prescindere dalla posizione soggettiva dei genitori biologici) e alla tempestiva risoluzione del problema. Fra i diritti più incisivi proposti da AiBi, ci sono anche quelli ad essere sostenuto da un’associazione che abbia come precisa finalità la tutela dei suoi diritti; ad essere affiancato da un avvocato che abbia il potere, nell’interesse del suo cliente, di attivare autonomamente una procedura di adottabilità e infine la possibilità di ottenere dallo Stato un risarcimento del danno quando il diritto alla famiglia viene violato.