Formazione

Una denuncia choc. Bambini in ospizio

Tra i 28 mila minori fuori dalla famiglia, la commissione ha denunciato al parlamento il problema delle "accoglienze residenziali anomale".

di Benedetta Verrini

Fuori ce ne sono 28mila. I più fortunati in affidamento, altri in comunità familiari ed educative; altri ancora negli istituti ormai in fase di conversione. I meno fortunati, i più invisibili, in situazioni di accoglienza residenziale ?anomala?, che vuol dire in presidi per adulti: ospizi per anziani o strutture socio-sanitarie per disabili. Si vorrebbe distogliere gli occhi dalla fotografia dei minori ?fuori dalla famiglia? scattata il 27 luglio dalla Commissione Bicamerale per l’Infanzia, nell?ambito della Relazione sulla 285. Perché ci rammenta che «stiamo perdendo generazioni di bambini», dice Marida Bolognesi (Ds), che segue da vicino il tema delle adozioni e dell?affidamento e che, da membro della commissione, lancia l?allarme sulla questione infanzia in Italia. La lunga analisi della Bicamerale sconfessa molte delle certezze date per acquisite dall’entrata in vigore della legge 149/2001, che ha decretato la chiusura degli orfanotrofi entro il 2006. «La Commissione ha consapevolezza che questo obiettivo del processo di deistituzionalizzazione ormai avviato da anni nel Paese rappresenta una forte opportunità» si legge nella Relazione, «ma, al tempo stesso, presenta anche rischi rispetto agli ?scopi? che si intende raggiungere, alle ?modalità? con cui si possono effettivamente conseguire, agli ?strumenti? che si intende mettere in campo». I conti non tornano Riguardo agli strumenti, in effetti, il declamato ?Piano straordinario? per la chiusura degli istituti fino ad ora ha sostanzialmente fallito. «Pur attivando un confronto ampio sulla questione» spiega la Relazione, «non ha sciolto tutti i dubbi, non ha dato indicazioni operative sempre coerenti e non ha disposto risorse adeguate per qualificare l?accoglienza residenziale dei minori». E poi, ci sono numeri che pesano come macigni. Anche se l?Istituto degli Innocenti di Firenze ha descritto un progressivo smantellamento degli istituti per minori e una riduzione degli ospiti (da 7.500 nel 2000 a poco più di 2.600 nel 2003), la Bicamerale invita a rivedere i conti. La definizione di cosa sia ?istituto?, infatti, non è ancora pacifica e le cifre potrebbero essere incoerenti rispetto alla realtà. Allora, spiega la Relazione, è possibile stimare in circa 3.000 il numero di minori attualmente in istituto. Ma per avere il dato complessivo dei «minori fuori dalla famiglia» è necessario aggiungere a questo numero la quota di minori accolti nelle comunità (familiari ed educative), che possono essere stimati tra i 15.000 ed i 20.000 e il numero dei minorenni in affidamento familiare, che nel 1999 in Italia erano 10.200. Totale, calcolato per difetto, 28mila. «è un problema grave, su cui si è già accumulato un pesante ritardo» commenta la Bolognesi. «Per risolverlo sarà necessaria un?azione su più fronti, che parta da un patto territoriale e coinvolga i soggetti competenti e la società civile. Nella Relazione abbiamo chiesto di rifinanziare i progetti della 285, che tanto ha fatto nel campo dell?affido e dell?accoglienza, con 160 milioni di euro. Ma la situazione non si risolve solo con sostegni economici: a questi ragazzi dobbiamo dare risposte il più possibile personalizzate e vicine a una dimensione familiare, coinvolgendo i comuni, le scuole, i quartieri e creando reti di famiglie. Non c?è una soluzione valida per tutti, serve un ventaglio di proposte e di modelli d?integrazione, per evitare che i ragazzi con gravi problemi possano vivere forme di ghettizzazione». Accoglienze anomale La questione, in particolare, riguarda i minorenni con pesanti problemi familiari e con situazioni di disagio fisico o psichico, che potrebbero trovarsi in situazioni di accoglienza non adeguate alle loro esigenze. Poiché la più esaustiva delle indagini sui minori fuori dalla famiglia, quella dell?Istat, riguarda tutte le tipologie di strutture residenziali socio-assistenziali (cioè destinate a diversi soggetti: minori, portatori di handicap, anziani, disagio adulto, difficoltà psicologiche), «ci possono essere strutture residenziali per adulti o, addirittura per anziani in cui siano accolti dei minori» si legge nella Relazione, «o delle strutture per handicap dove sono accolti minori per i quali la disabilità non è certamente la dimensione prevalente e, comunque, non è tale da giustificare un ricovero in una residenza socio-sanitaria». In effetti, tra i presidi residenziali conteggiati dall?Istat ci sono anche comunità socio-riabilitative, centri di accoglienza immigrati, centri di pronta accoglienza e altro. Non tutti appaiono a vantaggio esclusivo di minorenni. Fenomeno sommerso «Fino a pochi anni fa, a Napoli, mi è capitato più volte di notare la presenza di minori con disabilità in istituti per anziani» conferma Loredana Cilento, responsabile affidi dell?associazione Figli in famiglia di Napoli, gruppo di genitori affidatari che da vent?anni s?impegna a ?svuotare? gli istituti. Ma come è possibile che un bambino o un ragazzo, già deprivato, possa essere sistemato in un contesto di adulti? «In alcune regioni italiane» spiega Stefano Ricci, responsabile della comunità familiare di Capodarco di Fermo «l?accoglienza in una struttura residenziale non è condizionata a un?autorizzazione specifica ?per minori?. Perciò si verificano senz?altro casi di bambini o adolescenti con lievi disabilità inseriti in strutture socio-sanitarie con prevalenza di adulti. Non si tratta mai di inserimenti disposti dal Tribunale per i minorenni, ma di affidamenti consensuali, decisi dalla famiglia d?origine in difficoltà». Questa prassi testimonia una sostanziale disattenzione, almeno da parte delle istituzioni coinvolte e delle strutture competenti, a quale sia l?esigenza prevalente del minore: l?assistenza sanitaria e riabilitativa pura e semplice, oppure il coinvolgimento in un contesto per minori dove la sua stessa disabilità può essere superata da un vissuto quotidiano più appagante? Ma le sistemazioni ?improprie? «spesso riguardano anche le realtà residenziali che effettuano pluriaccoglienze», spiega ancora Ricci, «come le comunità che accolgono disabili, tossicodipendenti con figli al seguito, prostitute in fuga, anziani soli. Anche qui, ci sarebbe da valutare se la ?valenza terapeutica? o la ?centralità educativa? che riguarda la mamma sia la risposta anche per il bambino». L?assistenza non basta «Non c?è da stupirsi di questa allarmante realtà» commenta Donata Micucci, presidente Anfaa-Associazione Famiglie Adottive e Affidatarie. «Ancora oggi non è stato fatto nulla di concreto per sostenere le famiglie disponibili a fare ?adozioni difficili?. L?unica regione che prevede un concreto programma di sostegno economico e sociale per questi casi, ad oggi, è il Piemonte. In questo modo non si può certo pensare di giungere alla scadenza del 2006 con il problema risolto. Finché non si renderà davvero esigibile il diritto del minore a una famiglia, evitando di subordinare gli interventi e i progetti alla capienza delle scarse risorse destinate, non ci potranno essere svolte significative». «Credo si debba superare il problema della chiusura degli istituti, affrontando invece proprio il problema dei minori comunque ?fuori? dalla famiglia» commenta Marco Griffini, presidente AiBi, Associazione Amici dei Bambini, che dal 25 al 27 agosto organizza a Bellaria un convegno internazionale, L?incontro con l?accoglienza: assistenza o relazione?, in cui si parlerà di adozione internazionale, affido familiare, sostegno a distanza con tutti i rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni. «Ho letto con grande favore questa presa di posizione della Bicamerale per l’Infanzia» prosegue Griffini, «che mette in luce la scarsa attendibilità di certi numeri e invoca una 285 straordinaria, per far fronte al problema. Non dobbiamo solo chiudere gli istituti. è necessario sostenere tutte le sperimentazioni che riportano questi bambini in un contesto familiare, dalle reti di famiglie accoglienti alle case famiglia fino a sperimentazioni come l?adozione mite, che consente un passaggio graduale dall?affido all?inserimento stabile nella famiglia affidataria, senza recidere la relazione con quella d?origine. L?abbandono è una grave emergenza nazionale, che non si risolve con una logica assistenzialistica: al bambino serve una relazione familiare».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA