Nelle Marche – città, paesi, campagna – è il dolce più diffuso. Quando in casa si sente il suo profumo vuol dire che c?è un ospite in arrivo o che è la festa di qualcuno. La ragione di questa diffusione va cercata nella semplicità della ricetta, nella facilità dell?esecuzione e della disponibilità degli ingredienti.
Cosa serve: 400 g di farina di grano tenero (tipo 0 o integrale), 4 uova, 150 g di zucchero, 4 cucchiai di olio extravergine di oliva, 1 bicchiere di latte, il sugo di un limone e lievito. Per quest?ultimo consiglio la pasta acida di un impasto precedente, oppure lievito di birra puro, o cremortartaro e bicarbonato di sodio. Si monta a neve l?albume delle uova e si aggiunge il tuorlo con zucchero, limone, olio e latte. Continuare a mescolare aggiungendo man mano la farina. Alla fine aggiungere il lievito: se avete scelto la pasta acida bisogna attendere la lievitazione naturale. Dopo aver sistemato l?impasto nel recipiente, si mette nel forno a 180° per 40 minuti.
Questa la ricetta tradizionale, ma io vi consiglierei di volta in volta di aggiungere alla farina di grano tenero un?altra farina, di avena, di orzo, di farro, di segale, nella misura di un terzo di quella di grano tenero. Così ogni volta gusterete un sapore diverso.
Ma quando hanno cominciato a fare dolci i nostri antenati? Alcuni storici sostengono che i dolci nacquero nelle famiglie meno abbienti come dono per la divinità invece del capretto o dei piccioni.
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