Cultura

Una carta ancora sulla carta

diritti Il 10 dicembre la Dichiarazione universale del 1948 compie 60 anni

di Redazione

«Nel mondo occidentale hanno sempre maggiore centralità le lesioni dei diritti commesse da poteri privati, come le multinazionali».
Ed è proprio da qui che, secondo Pasquale De Sena, esperto di Diritto internazionale dell’università di Napoli, occorre ripartire per aggiornare un testo nato per la tutela integrale delle persone È piuttosto cauto Pasquale De Sena, professore di Diritto internazionale all’università di Napoli, quando gli si chiede quali nuovi diritti aggiungere alla Dichiarazione universale scritta ormai 60 anni fa. Non respinge l’ipotesi di aggiornamento, ma indica prospettive di cui tener conto (la tutela integrale della persona) e nodi da tener sotto controllo: i rapporti fra Stati e la centralità di grosse aggregazioni private. «Molti dei diritti formulati nel 1948 sono relativamente fruibili. Dal punto di vista internazionale alcuni non si possono neanche dire esistenti».
Vita: Può farci qualche esempio?
Pasquale De Sena: Il diritto allo sviluppo, concepito come diritto individuale, non è effettivo.
Vita: Come si può aggiornare la Carta?
De Sena: Occorre riflettere sul soggetto cui sono destinati, tenendo presenti le conclusioni soprattutto delle scienze che studiano il cervello tenendo conto del contesto in cui agisce: biologia, psicologia, alcuni risultati della psicanalisi. Le cosiddette neuroscienze della complessità. Va fatta una riflessione attenta all’epistemologia e al lavoro delle scienze della vita più avanzata. Pensare meno alle staminali, più alla persona vista come unità integrata di mente e corpo.
Vita: Da questo punto di vista, quali diritti mancano?
De Sena: In linea di massima ci sono due grossi nodi problematici.
Vita: Ovvero?
De Sena: La Dichiarazione non interveniva in un vacuum giuridico, ma non c’erano molti trattati internazionali i cui effetti si riferissero alle persone. Successivamente ne sono stati stipulati parecchi e incidono sulla vita di Stati e individui. Il problema è far penetrare i valori della Dichiarazione nei trattati internazionali in essere. In caso contrario, la possibilità di una tutela integrale della persona si viene a perdere.
Vita: A che ambiti si riferisce?
De Sena: Il trattato istitutivo dell’Organizzazione mondiale del commercio riguarda formalmente i rapporti fra Stati, ma le sue regole si ripercuotono sulla vita degli individui. Ebbene, non contiene strumenti di coordinamento con la tutela dei diritti dell’uomo. Come fosse una specie di mondo separato. In questo modo i trattati sui diritti rischiano di essere messi fuori causa.
Vita: Il secondo nodo?
De Sena: La Dichiarazione e le convenzioni che l’hanno seguita sono caratterizzate da un paradigma secondo il quale è bene limitare lo Stato a favore dei diritti della persona. Uno schema che mantiene profili di assoluto rilievo, ma soprattutto nel mondo occidentale hanno sempre maggiore centralità le lesioni dei diritti commesse da poteri privati. Per esempio dalle multinazionali. Penso ai diritti dei lavoratori. Alle pratiche generalizzate mediante le quali chi è sopra approfitta di chi è sottoposto. Alle molestie sul lavoro.
Vita: Temi da affrontare…
De Sena: Senz’altro: situazioni non previste nella Dichiarazione né dai trattati che da questa discendono, se non nella responsabilità che gli Stati hanno nel sorvegliare perché non si verifichino determinate situazioni.
Vita: Un po’ vago, è questo che intende?
De Sena: Moltissime situazioni per loro natura sono destinate a sfuggire. È una tematica fortemente sviluppata dai costituzionalisti. Sul piano internazionale avrebbe bisogno di essere meglio elaborata.
Vita: La speranza di vita oggi è molto diseguale. In questo dato scorge una mancanza di diritti?
De Sena: A determinare la forbice sono le condizioni economiche che si inseriscono nell’effettività dei diritti economico-sociali. Che però, a loro volta, non sono considerati veri e propri diritti: non si può pretendere che gli Stati li soddisfino se non nella variabile misura del possibile. Qui senz’altro c’è un problema grave. Dal punto di vista della speranza di vita, i passi avanti non sono legati all’operatività delle norme, ma allo sviluppo degli ultimi 60 anni.
Vita: È il caso di creare nuove regole fra Stati?
De Sena: Quella dell’eguaglianza sostanziale è una questione sempre attuale. Negli anni 70 e 80, prima della caduta dei blocchi e della vittoria dell’economia di mercato, l’attenzione si concentrava verso questo obiettivo. Oggi non si va in questa direzione.
Vita: L’economista Joseph Stiglitz propone nuovi organismi internazionali per riequilibrare i rapporti fra le diverse nazioni…
De Sena: Non è che non veda la necessità di affrontare il problema anche in termini di relazioni fra Stati. Ma questo non esaurisce la gamma delle cose che si possono e debbono fare. Il rapporto fra nazioni è un aspetto. L’altro è far fronte a queste grosse aggregazioni di potere né statuali né private e cercare di regolarle.

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