Cultura

Una cabina di regia per riequilibrare l’offerta

di Redazione


«Bisogna cercare una corrispondenza tra le proposte e il mercato del lavoro. Negli anni si è indebolita l’offerta formativa manifatturiera ed è cresciuta quella relativa ai servizi. È stato un errore, visto le caratteristiche dell’economia italiana»«È una sfida duplice: riorganizzare l’offerta formativa per gli adulti e per i giovani», spiega Maurizio Drezzadore, presidente Enaip, che aggiunge: «Nel primo caso l’elemento centrale è un salto qualitativo per consentire alla formazione di essere un veicolo attivo nell’incontro fra domanda e offerta di lavoro».
Vita: E nel secondo caso?
Maurizio Drezzadore: Per i giovani, il cuore del ragionamento è relativo all’esigenza di potenziare la formazione tecnico-professionale in chiave di sensibilizzazione educativa dei ragazzi verso percorsi formativi più attinenti al mercato del lavoro italiano. Questo è il caso che più coinvolge gli enti di formazione, visto che occorre porre rimedio al disallineamento storico del sistema d’istruzione e, in parte, della formazione professionale. Le attività di programmazione regionale in questi anni sono state piuttosto carenti.
Vita: Sotto quale profilo?
Drezzadore: Da un lato s’individuano offerte formative anacronistiche, che non tengono conto degli indicatori di sviluppo nel territorio. Dall’altro, la necessità di coordinamento dell’offerta, che deve essere aggiornata attraverso osservatori e cabine di regia. È una questione chiave, fin qui lasciata alla responsabilità degli enti i quali hanno dovuto individuare quale fosse il profilo formativo più idoneo a un dato contesto, senza però avere una adeguata strumentazione.
Vita: Viene introdotta una cabina di regia.
Drezzadore: Avrà appunto il compito di trasferire a tutti gli attori territoriali gli indicatori per adeguare l’offerta collegandola alle politiche attive del lavoro. In questo modo si procederà avendo effettuato rilevazioni fedeli delle prospettive economiche.
Vita: Gli enti dovranno rivedere i criteri fin qui adottati?
Drezzadore: Dovranno cercare una corrispondenza tra le proposte e il mercato del lavoro. C’è però un altro aspetto importante, di metodo: sarà opportuno tradurre in competenze reali i percorsi formativi. Ci troviamo di fronte a una svolta per il sistema scolastico, che tradizionalmente opera per discipline e per materie e che dovrà dotarsi di modelli di apprendimento che consentano di valorizzare le competenze trasversali. Anche gli enti di formazione dovranno comunque aggiornare il loro metodo, anche se la sintonia con il mercato del lavoro è sempre stato un obiettivo che abbiamo cercato di perseguire.
Vita: D’ora in avanti però ci saranno dei tavoli d’analisi del fabbisogno del mercato del lavoro.
Drezzadore: È la scommessa principale dell’accordo appena firmato, che fin dalle prime battute evoca la sussidiarietà e quindi collaborazione fattiva. Unire formazione al successo occupazionale e al reinserimento del lavoratore espluso dal mercato, coinvolgere in una azione complessa tutti gli attori: servizi per impiego, parti sociali, istituzioni e attori formativi. Sarà proprio la capacità di costruire tavoli con tutti questi soggetti la grande sfida che speriamo i territori vorranno darsi.
Vita: Le risorse saranno sufficienti?
Drezzadore: Bisogna anzitutto disporre bene degli stanziamenti che già ci sono. Se saranno canalizzati in modo coerente, non credo ci sarà bisogno di ulteriori investimenti.
Vita: La percentuale delle ore trascorse in aula continua ad essere elevata?
Drezzadore: Anche le forme dell’apprendimento, in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, stanno cambiando. Oggi l’apprendimento avviene dall’esperienza. Purtroppo sia per la tradizione culturale della scuola italiana, che si rifà a Gentile, sia per i pochi investimenti, si continua a puntare sull’insegnamento in aula che costa meno.
Vita: In conclusione, occorre puntare a un nuovo protagonismo degli enti?
Drezzadore: Non c’è dubbio. Anche per riequilibrare l’offerta formativa nei servizi con quella più tradizionale della manifattura. Un tema che riguarda anche gli enti: negli anni si è indebolita l’offerta formativa manifatturiera ed è cresciuta quella relativa ai servizi. In questo modo in talune zone si è registra una carenza di competenze professionali nel manifatturiero. Mi sembra sia stato un errore visto che l’Italia è ancora il secondo Paese europeo per dimensione del manifatturiero.
Maurizio Regosa

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