Non profit

Una bella lezione di tv non deficiente

Telethon è riuscita a contagiare e spronare al massimo la struttura produttiva di notevole valore messa in campo dalla Rai

di Franco Bomprezzi

Un giornalista a rotelle dietro le quinte del teatro delle Vittorie si camuffa con facilità. Ovviamente se sul palco si parla di Telethon, di malattie genetiche, e dunque anche di disabilità. Ho potuto di volta in volta scegliere la prospettiva migliore, o più inconsueta, dalla quale osservare questa ?macchina di guerra?. Il termine non è improprio. È stato Renato Dulbecco a parlare, anni fa, di ?guerra? riferendosi all?impegno della ricerca contro le malattie genetiche. E come tutte le guerre, richiede un esercito fatto di reparti diversi. Occorre il Genio, ma anche la Fanteria. Quanto alla Cavalleria, niente da dire. Davanti al teatro, ampio spiegamento di carabinieri a cavallo, con l?unico ma non lieve inconveniente del permanere, rischiosissimo per le mie ruote, di un cospicuo giacimento di prodotti di scarto. E per una guerra il teatro ?delle Vittorie? era davvero di buon auspicio.
Ho seguito da vicino almeno le ultime otto edizioni di Telethon. Ma quest?anno ero sicuramente più rilassato, un ospite con diritto di parola, e di incitamento. Ho potuto così comprendere meglio il segreto di un successo, palpabile già nel pomeriggio di sabato, quando il numeratore, in lire e in euro, cominciava a girare con velocità incoraggiante, ma ancora lontano da quell?incredibile record notturno, di 41 miliardi 243 milioni e 180 mila lire (una cifra da convertitore in euro).
Nelle ultime ore è apparso con grande evidenza il perché della vittoria: una macchina oliata, efficiente, solidale, come quella di Telethon, era riuscita a contagiare e spronare al massimo una struttura produttiva di notevole valore, messa in campo dalla Rai. Una miscela di fattori che hanno trasformato una raccolta fondi in un evento unico nel suo genere. E la gente ha risposto più che nel passato. Ha capito che vale la pena fidarsi di una squadra come questa, fatta di gente per bene, di ricercatori giovani dai volti puliti, capitanati da un grande saggio come Dulbecco e da una grande signora come Susanna Agnelli. Ha compreso che non basta la solidarietà alle persone malate, se non si risolve alla radice la causa della malattia. Occorre tempo, certamente. È meno spettacolare finanziare una ricerca sulla retinite pigmentosa che donare un pulmino a un?associazione. Convincere la gente a donare per la ricerca è più difficile. Occorrono buone ragioni, argomenti forti, persone credibili. E allora è chiaro che Piero Angela al pianoforte, che ?stecca? volutamente per far comprendere a tutti che cos?è un messaggio dissonante nella catena armonica del dna, è assai più efficace di una conferenza. Oppure Virna Lisi che recita commossa una breve poesia di un ragazzo distrofico. O Milly Carlucci che resiste alla tentazione di commuoversi, perché non era quello il suo compito, essendo assai più importante, decisivo, guidare con professionalità una maratona ricca di passaggi stretti. Telethon 2001, insomma, è stata anche una lezione di comunicazione televisiva.

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