Welfare

Un voucher universale per la white economy

Si è chiuso il convegno all’Istituto Luigi Sturzo sulla proposta di legge parlamentare per la riforma del Welfare. Roma del Censis: «bisogna introdurre strumenti come il voucher universale, capace di integrare risorse pubbliche e private e in questo modo creare lavoro»

di Francesco Agresti

Favorire la costruzione di sistemi di servizi alla persona e alla famiglia più efficienti, di qualità con costi sostenibili che faciliti la conciliazione tra vita privata e attività professionale. È solo il primo degli obiettivi a cui punta la proposta di legge che è stata depositata un mese fa a firma di 17 senatori per l’istituzione di un voucher universale per i servizi alla persone e alla famiglia.

Il progetto è stato presentato questa mattina a Roma, all’Istituto don Sturzo, nel corso di una giornata di studi dedicato proprio alle politiche di welfare.

In Italia il “mercato” dei servizi alla persona è caratterizzato da una forte presenza di lavoro irregolare, che sfiora secondo il 40%; e dalla mancanza di strumenti in grado di sostenere la domanda regolare di questi servizi, in barba al tanto invocato principio di sussidiarietà.

«Nei primi 5 anni di operatività del voucher – ha sottolineato Giuseppe Roma, direttore generale del Censis – i servizi alla persona potrebbero generare almeno 315 mila nuovi posti di lavoro oltre all’emersione di altre 326mila persone. Il costo per la finanza pubblica per il primo anno, al netto degli effetti positivi diretti e indiretti ,sarebbe di poco più di 270 milioni di euro. Se si vuole salvaguardare il welfare delle famiglie e dei lavoratori italiani, bisogna introdurre strumenti come il voucher universale, capace di integrare risorse pubbliche e private e in questo modo creare lavoro e sviluppare anche in Italia la white economy per i servizi di cura e assistenza»

Per l’onorevole Giorgio Santini, primo firmatario della proposta di legge «è tempo di replicare in Italia misure che hanno mostrato di produrre significativi effetti positivi in tutti i paesi che lo hanno adottato. In Belgio, dove c’è uno dei più generosi sistemi di voucher e dove si pubblica un rapporto annuale dedicato, i costi sostenuti annualmente dallo Stato per ciascuno dei 150mila lavoratori impiegati nel settore è di 3mila e 250 euro. A fronte di un sistema di servizi a cui fa ricorso una persona su dieci tra quelli di età superiore ai 20 anni. E dove l’utente paga 7,50 euro l’ora per i servizi famigliari ma il valore rimborsato all’impresa che eroga i servizi è di 20,80 euro».

«Con l’incontro di oggi – sottolinea il segretario generale dell’Istituto Don Sturzo, Giuseppe Sangiorgi – diamo vita a un comitato permanente di pressione politica e sociale perché il voucher non resti una proposta di rappresentanza ma possa essere trovare spazio nelle riforme in corso del Terzo settore della finanza pubblica».

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