Volontariato
Un viaggio senza cartina: a Cavezzo Radio 5.9 e va in tv, tra nebbia e zanzare (dopo il terremoto)
“Non bisogna rimanere incinta a 16 anni per andare in tv, basta avere progetti in cui credere e provarci”. Lo dice Doina, che è la più piccola del gruppo: 16 anni. Poi ci sono Eugenio e Luca (entrambi 18 anni). E poi c’è Matteo, il più vecchio: 22 anni. Fanno 74 anni in quattro. Quattro ragazzi che stanno provando a viaggiare senza cartina, o meglio, se la stanno facendo da soli. Quattro ragazzi che da Cavezzo, uno dei paesi dell’Emilia più colpiti dal terremoto, andranno in tv su MTV, da lunedì prossimo. E ci andranno perché hanno creato Radio Emilia 5.9.
Aveva 21 anni un bolognese che nel 1895 studiò il modo di trasmettere un segnale in codice morse dalla sua stanza alla collina dei Celestini. Era il marchese Guglielmo Giovanni Maria Marconi. Non aveva cartina. Ci ha creduto, ha provato ed è riuscito. I ragazzi di Radio 5.9 trasmettono da una casetta di legno, presa in prestito da un imprenditore locale, tra Cavezzo e Medolla, “tra nebbia e zanzare” nel cuore della pianura, della bassa modenese, dove in questo periodo si fa fatica a vedere il sole per la nebbia che c’è. Ci hanno creduto e ora sanno che stanno facendo “una cosa grossa per un progetto bellissimo”, come dice Doina.
Come nelle storie più belle, tutto è nato per una serie di coincidenze: “Era d’estate, subito dopo il terremoto”, dice Matteo. “Era un periodo in cui tutti i ragazzi di Cavezzo erano un po’ allo sbaraglio. Tutti i luoghi di ritrovo prima del terremoto erano chiusi e allora ci ritrovavamo nell’unico bar aperto. Una sera abbiamo guardato Radiofreccia, il film di Ligabue. Ed era una bella idea: una radio giovane gestita da giovani”.
Matteo dice che in teoria sarebbe uno studente: “faccio l’università e sono all’ultimo anno di tecniche di radiologia. Ma quest’anno con la storia della radio ho abbandonato. In più la sera faccio il pizzaiolo qua a Cavezzo in una pizzeria che era crollata con il terremoto. Pensa che qualche mese prima di maggio era venuto un signore che voleva comprare l’attività e il proprietario non volle vendere perché era troppo affezionato alla pizzeria e ai clienti. Poi con il terremoto è crollato tutto. Il proprietario è stato 7 mesi senza lavorare, ma ora è andato a lavorare al nuovo shop box di Cavezzo”.
Perché avete aperto una web radio? “Perché le persone non hanno ancora superato il terremoto e vogliamo andare oltre quello che è successo: quando prepariamo le dirette non vogliamo far pena alla gente con quello che è successo. Vogliamo far divertire i giovani, tener loro compagnia”. La radio si sta ingrandendo: si stanno aggiungendo deejay, tecnici, ragazzi provenienti da tutto il cratere (Mirandola, San Prospero, Medolla).
E come fate a sostenere i costi? “Noi le canzoni dobbiamo acquistarle perché vogliamo fare le cose per bene. Prima della prima diretta abbiamo messo 10 euro per comprare le prime dieci canzoni a testa”.
Tutto questo è semplicemente “bello”. Ci regala il sapore e la patina romantica dai bordi sfumati della passione fresca di provare a cambiare le cose, di stare bene viaggiando senza cartina. È l’ulteriore dimostrazione che in anni difficili, all’indomani della sciagura (Cavezzo è stata devastata dal terremoto), ci sono, e ci saranno sempre, gruppi di ragazzi che si uniscono per fare qualcosa di buono. È successo lo stesso a L’Aquila, con i collettivi di ragazzi che hanno iniziato a fare informazione, giornalismo e fotografia. È successo con le prime radio libere negli anni Settanta. Succede oggi con le web radio.
Magari tra qualche anno ricorderemo ai nostri figli (o nipoti) di quando abbiamo visto nascere le prime web radio, così come facevano i nostri padri quando ci parlavano di quando ai loro tempi ci si inventava il modo per trovare l’inchiostro per stampare un volantino o un giornalino, o gli strumenti per fare una radio libera. E poi rivedremo di nuovo Radiofreccia con Bruno che dice a Stefano Accorsi- Freccia:
“Io non lo so com’era avere 18-20 anni negli anni 50 o 60… So cosa vuol dire per me e per tanti altri averli adesso… Questo 1976 è un gran casino. C’è un gran movimento in giro, non so dire se è bello o brutto, però è veloce. Ci sono le bombe, c’è il movimento studentesco, ci sono le radio libere, ci sono i genitori che sempre di più sono come tu giudica non saranno mai, ci sono le utopie, le religioni, e ci sono appunto quelli che non si lasciano stare…
Freccia (Stefano Accorsi): vuoi dire che tocca a me?
Bruno: Secondo me si… Vi sono in buchi in mezzo a tutto questo: c’è il nostro bisogno di saperne di più! Stiamo viaggiando senza cartina… o con una cartina illeggibile… Beh secondo me è arrivato il momento che questa cartina ce la facciamo noi! E una volta fatta la facciamo circolare!”
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