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Un Vertice europeo ambiguo? Forza Italia !

di Luca Jahier

Siamo nel quadro di due settimane che avrebbero dovuto essere cruciali per alcuni punti di avanzamento significativo dell’agenda europea, in un contesto che rimane controverso e quanto mai carico di incognite.

Due erano le partite in gioco per questa fine giugno

La prima, l’assestamento dei risultati del semestre europeo e delle raccomandazioni della Commissione sui singoli Programmi nazionali di riforma, che fatti salvi pochi casi nazionali controversi, sono generalmente oggetto di un largo consenso e di un apprezzamento per un incremento sostanziale della concertazione tra autorità europee e autorità nazionali nel definire il quadro di valutazione e di raccomandazioni per ogni singolo paese. Una dimostrazione che dopo il rodaggio dello scorso anno, la macchina di questo importante strumento di governance economica complessiva dei bilanci nazionali dentro il quadro delle linee fissate di comune accordo a livello europeo sta cominciando a funzionare in modo ordinario. Certo rimane sullo sfondo il complesso e non risolto negoziato per definire criteri di flessibilità e parametri per le condizioni dei diversi paesi, recuperando una condizione di equità sostanziale per quei paesi come il nostro che, hanno fato tuti i compiti a casa, sono diventati i più virtuosi, ma continuano ad essere oggetto di negazione di qualunque “sconto” che invece sono stati largamente concessi ad altri, non ultimi spagna e Francia. Ma su questo sappiamo bene quale è lo scontro con coloro che vengono spesso definiti come gli “azionisti di riferimento” dell’attuale gioco europeo e per i quali sembra non esistere altro verbo che quello del “pensiero unico” di sole politiche di austerità e riforme strutturali, da cu verranno prima o poi i benefici per tutti, come ancora ribadito senza alcune apertura proprio in questi giorni da “Brussels Economic Forum”, promosso dalla Commissione europea

Secondo punto, era atteso un passo avanti fondamentale nel grande cantiere avviato anche su spinta del Governo Monti lo scorso giugno 2012 e instradato in autunno con l’agenda di rilancio e completamento dell’Unione Economica e Monetaria secondo i quattro pilastri definiti da Van Rompuy (Unione Bancaria, Unione Fiscale, Maggiore integrazione delle misure di coordinamento economico nl quale è inclusa la prospettiva di una nuova Politica industriale e Europa 2020, dimensione della legittimazione politica dell’UEM), al quale il Vertice di dicembre 2012 aveva aggiunto la richiesta di una precisa tabella di marcia che includesse anche “la dimensione sociale dell’UEM, dialogo sociale compreso”. Ma anche qui si vedrà ben poco, se il solo avanzamento che ad oggi appare possibile nei lunghi negoziati notturni che si preparano all’Ecofin, è qualche primo passo avanti sull’Unione bancaria , ma con grossi problemi sia sul meccanismo di risoluzione unica e centralizzata dei bailout bancari sia dell’autorità unica di vigilanza europea, già annunciati come cruciali un anno fa e tutt’ora molto aperti. Sappiamo bene che parte dello scontro in atto sulla materia è anche la partita aperta di fronte alla Corte costituzionale tedesca nei confronti delle misure di intervento della BCE e la cui sentenza arriverà solo dopo le elezioni tedesche.

Ancor meno sembra si vedrà sul piano di quello che un vasta dibattito sviluppatosi nel quadro europeo aveva definito come la “necessità di un quinto pilastro sociale dell’UEM“. Al momento sul tavolo c’è solo il parere del CESE adottato a fine maggio, la Commissione non è riuscita ad adottare alcuna comunicazione di sostanza e neppure gli sherpa del Consiglio hanno potuto fare molti passi avanti. Speriamo almeno si lasci la finestra aperta ad una ripresa per l’autunno.

Complice però il quasi fatto accordo di queste ore sul bilancio multiannuale 2014-2020, sembra avere una strada spianata la proposta fortemente voluta e sponsorizzata dal governo italiano, con la riuscita e inedita iniziativa della riunione di Roma dei Ministri del lavoro e dell’economia di 4 paesi europei, che spinge per un anticipo della spesa di 6 miliardi del bilancio del prossimo settennato, al biennio 2014-2015, per investimenti volti a sostenere l’occupazione giovanile nei 28 stati membri dell’Unione.

Un chiaro successo politico per l’Italia, cui dovrebbero essere destinati sui due anni 500-600 milioni. La Commissione ha già assunto gli orientamenti del Vertice di Roma, adottando una specifica proposta operativa per questo mercoledì 19 giugno, che sarà sul tavolo del Consiglio europeo.

Si può dunque guardare al bicchiere mezzo pieno dei tanti piccoli passi avanti fatti e di una almeno iniziale correzione di rotta del focus politico dell’agenda prevalente, oppure al bicchiere mezzo vuoto dei risultati drammaticamente scarsi rispetto alle urgenze di rilancio, completamento e consolidamento della zona Euro nel quadro di un bilanciamento più complessivo di una strategia di risanamento dei conti, che contempli anche investimenti per la crescita sostenibile, l’occupazione, la coesione sociale e territoriali. Cosa che peraltro di dicono nelle conclusioni dei vertici dell’ultimo anno e mezzo.

Resta però una considerazione che è bene tenere a mente soprattutto per il nostro paese,  per realismo e onesta nel prendere in seria considerazione anche qualche giusta osservazione che ci viene ricordata dai paesi oggi più virtuosi. Porteremo a casa risorse aggiuntive per l’occupazione giovanile, ma qualcuno comincia ad organizzare la macchina per essere pronti a spendere i primi soldi dal 1 gennaio 2014 o a giugno 2015 strilleremo contro la Merkel, gli olandesi e i finlandesi che non ci consentono flessibilità per investimenti per la crescita e intanto avremo speso poco e niente ?

Perché intanto che facciamo la giusta battaglia, per ora vinta dal premier Letta e anche benedettaq da Obama al Vertice del G8, sarà bene non dimenticare che abbiamo qualche problema molto serio sul fronte della spesa dei fondi europei, che fanno rizzare i capelli a più di una persona e provocano battute assai poco gradevoli qui a Bruxelles. Si sta chiudendo il settennato 2007-2013 e noi finora abbiamo speso solo il 40% dei fondi europei negoziati nel 2006. Ci restano ancora 30 miliardi di fondi europei da spendere, tutti peraltro nelle aeree più povere del paese,  e ci mancano meno di due anni per farlo. Il Ministro Barca aveva rinegoziato flessibilità e reorientamento con Bruxelles un anno fa e messo in moto macchine centrali di quasi commissariamento. Non pare che finora siamo riusciti a fare molti passi avanti. Questi soldi saranno persi se non ci diamo una mossa come si dice in linguaggio tecnico…. E per giunta sarà impossibile anche per le grandi capacità di Letta di negoziare un pacchetto altrettanto ricco per l’Italia sul bilancio del prossimo settennato, con queste percentuali di spesa. I paesi virtuosi e tutti gli altri assettati di risorse come noi, si preparano a sbranarci nel prossimo negoziato di ripartizione dei fondi del settennato, che partirà in autunno. E purtroppo rischiano di avere ragione…

Forse, passato il Vertice europeo del 27 e 28 giugno, il Presidente Letta farebbe bene a convocare una riunione di urgenza coni Ministri interessati, i Presidenti delle Regioni e tutte le forze sociali interessate, per fare di questa partita una priorità per il paese. Da sola vale ben di più di IMU prima casa e aumento di un punto dell’IVA, o no?

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