Non profit

Un testimone: «Picchiato nella cella del tribunale»

Intanto pubblicati i referti medici del ragazzo

di Lorenzo Alvaro

«Dalle informazioni che abbiamo, confermo la presenza di un testimone del pestaggio di Stefano Cucchi nella cella di sicurezza del palazzo di giustizia a Roma. Si tratta di un detenuto». Lo ha detto l’avvocato della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo. L’avvocato ha precisato di attendersi come imminente l’istanza di riesumazione del cadavere per svolgere una nuova autopsia. Su cosa abbia visto il testimone l’avvocato non si sbilancia. «Sappiamo cosa ha visto il testimone, chi sono le persone coinvolte. Ma in questo momento non possiamo dire di più».

Stefano Cucchi, 31 anni, è morto all’ospedale Pertini di Roma il 22 ottobre scorso, dopo essere stato arrestato dai carabinieri per il possesso di una ventina di grammi di droga. Un caso ancora poco chiaro.

Innocenti Evasioni, il sito interamente dedicato alle condizioni e  ai luoghi  della privazione della libertà, a cura di Luigi Manconi e Patrizio Gonnella, ha deciso di provare a fare chiarezza. Ha inviato a Vita, dopo averla pubblicata, l’intera documentazione clinica su Stefano Cucchi. Tutto pubblicato a partire dal referto del medico del 118 delle ore 5.30 del 16 ottobre, fino ai diari sanitari del reparto detentivo del Pertini e al certificato di morte del 22 ottobre. «Lo facciamo col consenso scritto ed esplicito dei familiari di Stefano, dopo aver trasmesso il materiale alla Procura della Repubblica di Roma e aver informato della nostra iniziativa l’Autorità garante della privacy» si legge sul portale. La decisione che ha spinto alla pubblicazione la famiglia e il sito è il fatto che emerge chiaramente come una moltitudine di operatori della polizia giudiziaria, del personale amministrativo e delle strutture sanitarie, abbiano assistito al deperimento fisico di Stefano Cucchi fino alla morte. Emergono, con cruda evidenza, le contraddizioni, ma anche le vere e proprie manipolazioni ai danni di Stefano Cucchi e dell’accertamento della verità. E risulta soprattutto che Stefano decide di non nutrirsi e di non assumere liquidi, causa della morte secondo i sanitari, «fino a quando non avrà parlato con il proprio avvocato» come riferisce un  medico nel referto scritto di suo pugno. Non gli fu consentito. «Si può parlare», aggiunge Innocenti Evasioni, «di una vera e propria confessione del delitto da parte di chi non ha saputo o voluto impedirlo». Risulta evidente dalla documentazione come sulla morte di Stefano Cucchi non ci sia alcun “mistero”: in questi documenti, allegati in alto a sinistra, c’è tutto.

L’autopsia inoltre ha rivelato che Cucchi aveva subito fratture alla spina dorsale, al coccige, alla mandibola, e una brutta ferita all´occhio sinistro. Cosa o chi abbia procurato le ferite al ragazzo, a parte una «presunta caduta dalle scale» riportata sui referti, rimane sconosciuto. L’ultimo capitolo della vicenda vede protagonista il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi. «Stefano Cucchi era in carcere perchè era uno spacciatore abituale», ha dichiarato il sottosegretario a Radio 24, «Poveretto è morto, e la verità verrà fuori, soprattutto perchè pesava 42 chili». Il motivo secondo Giovanardi è la droga. «La droga ha devastato la sua vita, era anoressico, tossicodipendente, poi il fatto che in cinque giorni sia peggiorato, certo bisogna vedere come i medici l’hanno curato» ha aggiunto, «Ma sono migliaia le persone che si riducono in situazioni drammatiche per la droga, diventano larve, diventano zombie: è la droga che li riduce così». Sdegnata la reazione della famiglia Cucchi. La sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, ha replicato duramente: «le parole di Giovanardi si  commentano da sole. Quel che è certo è che la famiglia è sempre in attesa di giustizia. Che Stefano aveva dei problemi non lo abbiamo mai negato ma non per questo doveva morire così».

N.B. Innocenti Evasioni si è premurata di cancellare dalla documentazione nomi e cognomi del personale responsabile e alcune informazioni private su Stefano Cucchi, in nessun modo significative ai fini dell’accertamento della verità.



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