Cultura

Un tavolo per la pace

Nella redazione di Vita magazine si sono incontrati i giovani musulmani di Yalla Italia e i giovani ebrei dell'Ugei. Un'incontro dai contenuti davvero sorprendenti

di Martino Pillitteri

 Mentre a Gaza continuano i combattimenti e nel resto mondo crescono la rabbia e lo scetticismo, il venerdì della preghiera dei musulmani, proclamato il venerdì della rabbia dal telepredicatore islamista di Al Jazeera lo sceicco Al Qaradawi, è stato invece un venerdì di dialogo per un gruppo di giovani Italo-Arabi di fede musulmana che si sono seduti intorno a un tavolo di fronte a italiani di fede ebraica. La richiesta di confronto è venuta dalla redazione del mensile Yalla Italia (l’inserto delle seconde generazioni arabofane pubblicato come allegato da Vita Magazine)  e l’ Ugei (Unione Giovani Ebrei d’Italia rappresentata per l’occasione dal responsabile politico Giuseppe Piperno) l’ha accolta. L’incontro è avvenuto nella sede di Vita Magazine a Milano questa mattina venerdì 9 dicembre.

I temi erano delicati: quello che avviene a Gaza può avere  una valenza sul processo d’ identità delle seconde generazioni arabofane nate e cresciute in Italia e sul percorso di cittadinanza degli immigrati medio orientali che hanno scelto l’Italia come paese di adozione? Ma soprattutto, quali sono i potenziali punti d’incontro tra le varie comunità e quale ruolo gli ebrei e i musulmani che vivono in Europa devono e vogliono assumersi per contribuire alla pace in Terrasanta (Terrasanta per i tre monoteismi) ?

«Dopo e-mail privati con link di video che facevano vedere solo sangue  mi sono sentito in dovere di fare qualcosa di propositivo» ha detto Ali Hassoun, pittore di origine libanese musulmano che ha vissuto a Sidone gli anni di Sabra e Chatila. «Ho proposto ad amici e colleghi di andare oltre gli e-mail e i gruppi su facebook. E ci tenevo che ci fossero anche gli amici ebrei. Basta criticarsi a vicenda, lavoriamo insieme. Non bisogna chiudersi dentro le rispettive comunità e non bisogna fare gli errori che si continuano a fare da 60 anni ne esportare in Europa il rancore diffuso in medio oriente», sono stati i primi punti condivisi dai presenti.

Non è stato facile venire qui questa mattina, ha detto Sumaya Abdel Qader  l’unica di origine  palestinese. «In questa crisi ho perso dei parenti e degli amici. Ma bisogna agire in modo propositivo, condividere iniziative. Bisogna trasformare l’umanissima rabbia e il dolore in energia positiva. Mio marito, in occasione della nostra manifestazione milanese a favore di Gaza, ha cercato di impedire che alcuni arabi bruciassero la bandiera d Israele, e quasi lo picchiavano».

Uno sforzo, quello del dialogo condiviso anche con Vittorio Bendaud, di origine libica e di fede ebraica: «Se dovessi riassumere il senso di questa ennesima guarra direi che entrambe le parti hanno ragione, ma entrambe hanno anche torto». Un paradosso, che per Bendaud serve a spiegare che benchè «ognuno abbia un proprio punto di vista per valutare le cose, l’importante è condividere un’orizzonte comune».

Quando il bicchiere sembra mezzo pieno per gli uni e mezzo vuoto per gli altri, quando alle spalle ci sono  60 anni di dolore e di tragedie, quando il linguaggio non oggettivo dei media incita a tirare fuori il peggio di noi, quando c’è tanta informazione ma poca cultura, quando altre nazioni gettano benzina sul fuoco e concorrono all’armamento, quando nelle manifestazioni si bruciano le bandiere, quando si sa a priori che la risoluzioni dell’ Onu difficilmente saranno rispettate, quando  non si vede la luce alla fine del tunnel, sembra impensabile che ci siano giovani musulmani ed ebrei in grado di  guardarsi negli occhi e di razionalizzare con lucidità la tragedia in corso per di più senza prendere posizioni nette ed esprimendosi in totale libertà e sincerità cercando anche di capire le ragioni e i punti di vista dell’altro. Invece, questa mattina, alcuni ebrei e musulmani hanno cercato di passare delle parole di sfogo  a un tentativo di condivisone di idee e di iniziative future.

La gente deve sapere che c’è qualcuno che si sta impegnando per la pace. La strada è molto in salita, mai ma un piccolo progresso è stato fatto. E ne seguiranno degli altri. I  presenti all’incontro (Sumaya Abdel Qader, Lubna Ammoune, Ali Hassoun, Layla Joudè, Rassmea Salah,Randa Ghazy,Giuseppe Piperno, Ouejdane Mejri, Vittorio Bendaud, gli ospiti Paolo Branca, Davide Tacchini e la redazione di Vita Magazine) hanno concordato  sul fatto che le armi debbano tacere e sulla priorità del rispetto dei diritti umani per tutti e reciproci. Si sono anche riproposti di organizzare degli eventi concreti nei loro campi di competenza in una serie di prossimi incontri già a partire dalla prossima settimana, come  un quadro per la pace, un numero speciale di Yalla Italia scritto da giovani ebrei e musulmani con interviste reciproche e la  raccolta fondi e di medicine per i feriti e senza tetto.

Il rendiconto esteso dell’incontro sul prossimo numero di Vita magazine.

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