Nel quinquennio 2002-2006 è nato il 20% delle organizzazioni meridionali. Si tratta però di enti sempre più slegati dai grandi network nazionali Non sono ancora al giro di boa. Manca davvero poco, però. Meno di due punti percentuali per scendere sotto la soglia della metà che segna, idealmente, l’ingresso nella fase dell’autogestione. La solidarietà organizzata del Sud, questo forse il dato più interessante dell’indagine della Feo – Fivol 2006 sulle organizzazioni di volontariato nel Mezzogiorno (Vita l’ha letta in anticipo), sembra giunta a un punto di svolta nella sua storia. Archivia la fase del volontariato federativo, gemmato cioè dalle associazioni nazionali, e apre l’era dello spontaneismo. E delle associazioni “indipendenti”.
Parola ai numeri
Nel 2001, le organizzazioni di volontariato del Sud affiliate alle centrali nazionali del non profit erano il 59,3% del totale. Cinque anni dopo, nel 2006, il 51,7% (la media nazionale è invece del 47,6%). «La nascita delle organizzazioni dipende oggi più dall’iniziativa di gruppi di cittadini che dalla tradizionale capacità di affiliazione delle centrali nazionali del volontariato o della promozione ecclesiale che è sempre stata molto attiva nel Mezzogiorno anche attraverso figure carismatiche di sacerdoti», scrive Renato Frisanco, curatore della ricerca Fivol. Nuove forme di protagonismo dei cittadini, dunque, ma anche orizzonti di intervento più ampi: il raggio d’azione tende ad allargarsi dall’area del welfare – tipica degli organismi nazionali come Avis, Misericordie e Anpas – alla sfera della partecipazione civica. Una tendenza che è frutto del boom di associazioni. L’estrapolazione dei dati dalla quarta rilevazione Fivol, se da un lato infatti conferma il minor sviluppo delle organizzazioni di volontariato nel Mezzogiorno (4,8 enti ogni 10mila abitanti) rispetto al resto del Paese (6), dall’altro testimonia la rincorsa verso i livelli di densità del Centro-Nord (7,2). Dal confronto fra le epoche di nascita emerge che il 19,8% delle odv è nata nel quinquennio 2002-2006 contro il 16% nazionale. Alti livelli di crescita ma anche di pubblicizzazione.
Giovane Calabria
La percentuale di iscrizione nei registri del volontariato nel periodo 1995-2003 è lievitata del 263% al Sud, del 152% in Italia. Sull’incremento, osserva Frisanco, hanno pesato, oltre al recupero di efficienza delle Regioni, l’azione di stimolo effettuata dai Centri di servizio per il volontariato, l’acquisizione delle prerogative e dei vantaggi fiscali delle onlus e la possibilità di concorrere al 5 per mille. Secondo i dati Fivol 2006, tuttavia, le organizzazioni iscritte ai registri del Sud sono il 75,3% del totale contro l’82,2% nazionale. Le compagini meridionali, inoltre, contano più giovani. Nel 20% delle odv più della metà degli attivisti è rappresentata da ragazzi con meno di 29 anni a fronte del 12,5% in Italia e dell’8,7% nel Nord. Le punte più alte in Calabria e Campania. La fondazione di ricerca ha esaminato anche l’utenza. Il dato più significativo è la presa in carico, in particolare nelle due isole (42,4%), di persone adulte in stato di momentanea difficoltà. Si tratta dei nuovi poveri. Al Nord rappresentano, invece, solo il 30% dei destinatari dei servizi.
Campanelli d’allarme
La Fivol, infine, suona due campanelli d’allarme. Le organizzazioni meridionali registrano un processo di «molecolarizzazione» e di «assottigliamento» più accentuato che nel resto del Paese. Se si considera la presenza dei soli volontari continuativi, le associazioni di piccola dimensione (fino a 10 volontari) salgono al 65,8% del totale mentre a livello nazionale sono il 61,4%. C’è il rischio quindi di ritrovarsi di fronte a un panorama di «organizzazioni dei presidenti». Enti autoreferenziali che fanno poca rete. Il secondo trillo mette in allarme sulla presenza, specie in Campania, di organizzazioni che effettuano rimborsi forfettari e hanno una prevalenza delle ore del personale remunerato rispetto a quelle dei volontari e, soprattutto, acquisiscono corrispettivi dagli utenti. Le associazioni in difetto di idoneità per uno o più di questi tre aspetti costituisce ben il 31,3% delle odv iscritte ai registri. Sei punti percentuali in più della cifra riscontrata a livello nazionale.
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