Economia
Un sogno lungo 15 anni: ecco come realizzarlo. Davvero
Welfare sanitario /3. L'anniversario della legge 381. Gli strumenti legislativi ci sono, a livello nazionale e a livello comunitario. Un compleanno da festeggiare con una svolta culturale
di Redazione
Se il momento della nascita è quello in cui si vede la luce, allora il 3 dicembre 2006 la legge sulle cooperative sociali ha compiuto quindici anni: la legge 381, infatti, apparve sulla Gazzetta Ufficiale del 3 dicembre 1991. Non mi risulta che il compleanno della 381 sia stato festeggiato in modo particolare; d?altra parte questa ?quindicenne giuridica? manifesta tutti i segni di contraddizione e di disorientamento che spesso caratterizzano i ?quindicenni umani?. Forse, la grande famiglia della cooperazione sociale ha preferito non enfatizzare un compleanno che avrebbe potuto attirare l?attenzione su una creatura bella ma immatura per la sua età? Forse, se ne è dimenticata? La maturità segna il passaggio dai sogni alla concretezza dei progetti. Non è stato così per la cooperazione sociale, nata con un grande sogno, quello di essere un soggetto sociale privato portatore di pubbliche funzioni, ma scarsamente capace di tradurlo sistematicamente in progetto, e soprattutto di realizzarlo in modo maturo e significativo. Il sogno della cooperazione sociale fin dall?inizio si è scontrato con un contesto di profonda incomprensione: le pubbliche istituzioni, che si trovavano esse stesse in un momento di grande difficoltà. È stato così che la giovane fanciulla, anziché percorrere le strade impervie ma virtuose della vera realizzazione della propria vocazione e del graduale passaggio alla maturità, si è adattata a svolgere un ruolo ?facile? ma subalterno. Favorita da un settore pubblico povero e anch?esso in crisi di identità, è caduta nel tranello del contratto d?appalto e, anziché scegliere la fatica di strade nuove, ha preferito assecondare le richieste della pubblica amministrazione; quale contropartita, la cooperazione sociale si è concentrata su obiettivi in larga misura impossibili (i cosiddetti affidamenti diretti) o, tutt?al più, su obiettivi possibili, come il superamento delle procedure di aggiudicazione al massimo ribasso a favore di altre mirate, anche e soprattutto, alla valutazione della qualità, ma ancora inadeguate al suo ruolo peculiare.
Cosa è cambiato
In quindici anni molto è cambiato. In sede comunitaria la giurisprudenza si è aperta alla considerazione dei valori sociali nell?aggiudicazione degli appalti pubblici, e la Commissione è giunta ad esprimere formalmente, nella ?recente? direttiva n. 18/2004, il principio (art. 2) per cui criteri di aggiudicazione relativi a valori sociali non solo possono essere adottati, ma addirittura ?prevalere? (e, dunque, contare di più) su quelli relativi all?economicità; principio espressamente recepito nel nuovo Codice degli appalti nazionale n. 163/2006 agli articoli 2 e 69. Anche le gare riservate ai (fantomatici nel nostro ordinamento nazionale) ?laboratori protetti? o ai (misteriosi ) ?programmi di lavoro protetto?, anche se certamente necessitano di profonde spiegazioni, vanno per quanto possibile realizzati ed esprimono un?apertura forse insperabile quindici anni fa.
E che dire della recentissima comunicazione della Commissione europea COM2006 177 sui «servizi sociali di interesse generale nell?Unione europea», data a Bruxelles il 26 aprile di quest?anno ? Esprime linee di indirizzo assolutamente condivisibili e coerenti con il profilo della cooperazione sociale italiana; linee, soprattutto, ben funzionali al superamento non tanto delle vecchie gare al massimo ribasso (che non v?era alcun bisogno di superare legislativamente, in quanto frutto solo di una prassi sbagliata e non di norme inadeguate), ma dello stesso contratto d?appalto, sostanzialmente inteso, a favore dei quei ?mitici? rapporti di partnership che, nella realtà nazionale, sono stati sino ad ora come l?araba fenice, che tutti dicono esistere ma che nessuno ha mai visto.
Insomma, se in passato occorreva buona vista per vedere la via virtuosa che cooperative sociali e pubbliche amministrazioni avrebbero potuto percorrere, ora, dopo le riforme nazionali (328, art. 118 della Costituzione: sistema locale partecipato dei servizi e degli interventi sociali, sussidiarietà orizzontale, ecc.) e quelle comunitarie, bisogna proprio essere ciechi per non vederla.
Come pensare di realizzare i valori dell?integrazione socio-sanitaria, della solidarietà comunitaria come presupposto per un?ampia e reale assunzione di responsabilità delle istituzioni; come realizzare la ?missione sociale? della cooperative sociali confidando solo sullo strumento inadatto dell?appalto e sulla regolazione del mercato ?
Prima di rassegnarsi alla irrealizzabilità del sogno originario della cooperazione sociale o di impoverirlo, sarebbe saggio mettere a fuoco l?attuale realtà giuridica; essa non ha alcun bisogno di essere modificata o arricchita, ma solo di essere compresa ed applicata, accettando la fatica culturale di uscire dai tradizionali schemi e mettendosi in gioco su un terreno nuovo.
Occorre superare la logica dello ?scambio? cha caratterizza gli appalti a quella dell?integrazione delle responsabilità e delle azioni che caratterizza la sussidiarietà e la collaborazione fra istituzioni, cooperazione sociale e soggetti privati in genere. Occorre ripensare agli strumenti sostanziali e alle procedure seguendo, ormai, un richiamo che viene dagli stessi organi comunitari.
Franco Dalla Mura
docente di Diritto amministrativo, università di Verona
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