Cultura

Un simbolo per Atene. Andrew: “Corro ma non ho nemici”

Nato in America, cittadino italiano, pelle scura. Andrew Howe è la stella più attesa dell’atletica. Come allenatore ha mamma René, una donna passata per mille traversie.

di Paolo Manzo

«Il problema del doping nell?atletica potrebbe essere risolto in un solo modo: azzerando tutti i record e ricominciando da capo. Perché non sappiamo mai chi ha fatto cosa. Purtroppo il doping è collegato al problema dei soldi nell?atletica, che sono pochi e, quindi, per prenderne tanti devi fare moltissime gare e vincere quasi sempre. Ma per riuscirci una persona che fa? Si dopa. È automatico. A meno che non abbia un talento pazzesco. Ovviamente». È modesto e non lo dice a noi di Vita, che lo raggiungiamo nella quiete della caserma di Vigna di Valle dove si sta allenando, ma, ovviamente, lui sa di essere tra i pochi eletti ad averlo quel ?talento pazzesco?. Il lui è Andrew Howe, passaporto italiano, cromosomi che sono un mix statunitense d?origine caraibica e teutonica da far invidia ai genetisti più esperti, accento romanesco da far scompisciare («namo, famo, tera, guera», le più gettonate), risata sonora, simpatia trascinante, un?infanzia vissuta tra Los Angeles e il Santa Monica Track Club – dove king Carl Lewis (nove ori olimpici, record assoluto per l?atletica) lo prese in braccio quando aveva tre anni e gli disse «Tu sarai il primo a saltare nove metri in lungo». Aspettando Mr Wow! Staremo a vedere. Certo è che Mr Wow! («Chiamatemi così, se proprio vi va», ha detto dopo quel 20?28 che, a Grosseto, gli ha dato l?oro sui 200 ai Mondiali juniores) è un fenomeno. Lo diciamo noi, mica lui che – seguito come meglio non si potrebbe da mamma René Felton (allenatrice, massaggiatrice, psicologa, confidente eccetera) – vive l?atletica come un gioco («anche se adesso s?inizia a far sul serio») e di montarsi la testa non ha nessuna intenzione. Un fenomeno già a 16 anni, quando sui 100 metri fece 10?48 (Lewis a quell?età aveva un limite di 10?60), sui 200 fermò il cronometro a 20?91 (contro il 20?90 di king Carl), sui 110 ostacoli corse in 13?54 (seconda miglior prestazione ?all times? della categoria), in lungo dava la paga al ?figlio del vento? (lui 7 metri e 61 cm, Lewis 6,93), nel triplo fece il record mondiale studentesco (con 16 metri e 27 cm) e nell?alto lasciava sotto un certo Sotomayor. Un mostro d?interdisciplinarietà atletica dunque, con un paio di cosce che sono la metà dei ?colleghi? che affronterà ad Atene, in quello che rappresenta «il raggiungimento di un sogno che – per la mia famiglia – dura da 48 anni, da Melbourne 1956», spiega a Vitandr), pur andandoci abbastanza vicino…». Infatti, per soli 7 centesimi di secondo, ai Trial Usa, fallì l?appuntamento di Los Angeles 84. Ma la tenacia è dote che aiuta «e mi son detta: la prossima generazione sarà meglio della mia. Anche perché l?obiettivo è stato sempre quello di migliorare la vita dei miei figli, come mio padre aveva migliorato la mia». Papà Felton le ripeteva continuamente, «la generazione futura deve avere più opportunità di quella precedente» e René l?ha preso alla lettera: dopo essersi separata da Andrew Howe senior (giocatore di football d?origine tedesca), si è sposata con Ugo Besozzi e ha scelto l?Italia e Rieti per vivere. Anche dopo la fine del secondo matrimonio. Sacrifici tanti, allenamenti e lacrime pure, ma anche un?immensa gioia nell?affrontare la vita e un?attesa infinita prima di arrivare ad Olimpia, «per questo la partecipazione di Andrew ad Atene -che lui sia eliminato alla prima batteria o arrivi in finale – è per noi già una grande soddisfazione, una vittoria, un?opportunità. Per me, poi, rappresenta 48 anni di lavoro e dolore». Scoppia a piangere mamma René. Con Veltroni a Nairobi Interculturale. È questo il terzo aggettivo (dopo interdisciplinare e intergenerazionale) per capire a fondo Andrew Howe, alias Mr. Whow! Basta parlarci assieme una mezz?ora per rendersene conto. Noi di Vita lo abbiamo fatto. «Cosa rappresenta per me l?Olimpiade? Una grande occasione per conoscere nuove persone e nuove culture. Ecco, io andrò all?Olimpiade proprio per questo: per allargare i miei orizzonti e conoscere di più il mondo. In quest?ottica i Giochi rappresentano uno degli eventi migliori per evitare che sorgano dei ?misunderstanding?, delle incomprensioni tra popoli differenti e Stati differenti. Alle Olimpiadi si incontreranno atleti dell?Iraq e degli Usa. Ecco, credo che se lo spirito olimpico riuscisse ad essere trasferito a tutti i livelli, si potrebbero evitare molte guerre e sofferenze». Un testimonial perfetto dello spirito olimpico (oltre che madrelingua inglese, italiano e? romano). Anche per questo il sindaco di Roma, Walter Veltroni, lo scelse nell?aprile 2003 (assieme alla Fidal) come rappresentante dei nostri atleti per presentare la candidatura di Roma ai Mondiali d?atletica leggera. Andrew pronunciò il discorso di fronte alla Iaaf, in quel di Nairobi («Ricordo i momenti passati vicino al sindaco Veltroni, quando si preparava la candidatura. Una persona di una simpatia straordinaria»): ambasciatore d?Italia a 17 anni, un altro record difficilmente battibile. Doppio passaporto, simbolo interculturale di un mondo sempre più globalizzato, ma Mr. Whow! non ha mai avuto problemi per questa sua ?doppia cultura?, «perché conoscere culture diverse arricchisce, fa diventare più aperti e, credo, ti dà una marcia in più. E poi, chi se ne frega se uno viene da fuori. Le persone che ti vedono, che ti puntano il dito contro e dicono ?guarda questo, è un extracomunitario?, sono solo dei grandissimi ignoranti e sono una minoranza. Io sono venuto a Rieti perché a mamma piaceva la civiltà italiana, voleva crescermi qui e farmi diventare italiano». I Giochi, che incrocio C?è riuscita alla perfezione e chi ama l?atletica dovrebbe farle un monumento. Con Andrew torniamo su Atene 2004: «Il significato interculturale delle Olimpiadi fa arricchire le persone. I Giochi sono uno scambio, uno scambio di tutto». A Rieti, in camera, Mr. Whow! ha un poster di rugby, sport che lo appassiona. Gli leggo una frase di John Kirwan (commissario della nostra nazionale, neozelandese di Auckland, un altro bel mix), «voglio che gli italiani giochino senza paura, aggressivi e imprevedibili». Andrew ti senti un po? così quando corri? «Sì, mi sento un po? come il cavallo e il ghepardo, i miei due animali preferiti. Animali liberi e senza paura, perché hanno fiducia. E sul cavallo, naturalmente, il fantino è mia madre?». Buona fortuna Mr. Whow!


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA