Welfare

Un semaforo rosso per sganciarsi dal tir

Nel quartiere Torrette

di Redazione

Ai residenti di Torrette, storico rione della cintura nord di Ancona, non serve accendere la televisione o sfogliare i giornali per sapere che cosa sia il fenomeno dell’immigrazione. A loro basta affacciarsi dalla finestra. Non c’è abitante della zona che non garantisca di aver visto almeno una volta un “uomo ventosa” sganciarsi dalla pancia di un tir.
Del resto l’unico punto “in urbe” dove gli autotreni sono obbligati a fermarsi a un semaforo, nel loro viaggio dal porto al casello di Ancona Nord della A14, è per l’appunto il quartiere di Torrette. Stefania Alessandrelli è la voce storica del Comitato sorto diversi anni fa nel rione, per protestare contro l’inquinamento che i mezzi pesanti portano con sé. Oggi è diventata un’attenta osservatrice di questo nuovo fenomeno, di cui informa i concittadini sul sito del Comitato: «Di qui passano decine di migranti», confessa, «li vediamo con i nostri occhi, d’estate accade quotidianamente. Si cambiano nei cortili delle abitazioni, si lavano nel parco o in spiaggia. Alcuni dormono per una notte in un canneto, vicino al mare». «Sono riconoscibili dai volti neri di smog», confermano anche i due fratelli che gestiscono il distributore di benzina posto proprio all’incrocio con la Flaminia, «spesso ci è capitato di dar loro del detergente per pulirsi il viso e le mani».
Al bar Mito, punto di riferimento del quartiere, il gestore racconta di aver rifocillato diversi iracheni e afghani, stremati dalla fatica, pur non conoscendone la lingua.
Qualcuno dei residenti garantisce che, una volta svicolati da sotto i tir, la maggior parte dei migranti sappia già dove dirigersi. Molti, assieme al ricordo di quei volti coperti di fuliggine, conservano quello di una repentina chiamata al cellulare. Alcuni dicono di averli visti salire fulmineamente su delle auto e perdersi nel traffico pomeridiano. Ma c’è anche chi il suo viaggio non riesce a terminarlo vivo. I morti sono stati due solo lo scorso anno, nel tragitto tra porto e autostrada. L’ultimo il 23 giugno scorso. Hamiri Rohollah era afghano e aveva solo 19 anni. Attende ancora una sepoltura nella cella frigorifera dell’ospedale regionale.

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