Mondo

Un progetto di Villaggi Sos in Somalia. Infermieri self made

E' il più grande problema della sanità a Mogadiscio: la mancanza di personale preparato. Così è stata avviata una scuola di formazione. E i primi 25 allievi oggi già lavorano

di Antonietta Nembri

Dopo 12 anni di guerriglia, violenze e distruzioni, c?è un luogo in Somalia dove si cerca di ricostruire. Non solo le strutture, ma le risorse umane. E il primo tassello è la scuola per infermieri che Sos Kinderdorf International (la centrale internazionale dei Villaggi Sos) ha avviato lo scorso anno. “Avere degli infermieri formati era un?esigenza improrogabile”, sottolinea Claudio Croce, responsabile del progetto, “quanti si erano diplomati prima della guerra civile non avevano potuto aggiornarsi, e inoltre in tantissimi sono emigrati. Nel nostro ospedale di Mogadiscio, come dappertutto, la carenza di personale qualificato è grandissima”.

Senza dottore
È nata da questa esigenza la scuola per infermieri, sostenuta da Villaggi Sos Italia, e che nel giro di tre anni porterà al diploma i primi infermieri con una qualifica, che ha un valore internazionale attraverso il Nursing Council del ministero della Salute del Kenya. Sono 25 gli studenti (equamente divisi tra maschi e femmine) che hanno terminato il primo anno di scuola, iniziato dopo un corso intensivo di lingua inglese di sei mesi. “L?istruzione base in Somalia”, ammette Claudio Croce, “è molto bassa, non ci sono corsi strutturati e la conoscenza dell?inglese è fondamentale”. Una volta diplomati gli infermieri, che già stanno facendo tirocinio nei reparti, dovranno essere in grado di operare in qualsiasi condizione e di gestire problematiche mediche anche senza la presenza di un dottore, come succede spesso nei villaggi. Uno dei primi sbocchi sarà l?ospedale materno-infantile, sempre di Sos, a fianco del Villaggio. Aperto a Mogadiscio nel 1986, durante la guerra civile è diventato un luogo per la distribuzione del cibo: il programma, gestito dalle suore della Consolata, riguardava 600 bambini della zona. “La nostra sopravvivenza in quegli anni la si deve”, spiega Croce, “all?idea di adattarci alla situazione divenendo un luogo di assistenza medica. La scuola primaria è stata trasformata in un ospedale da campo per feriti di tutte le fazioni. E così, mentre le ong si ritiravano, noi non ci siamo mossi”.
Le attrezzature della scuola, dai libri ai banchi, sono state acquistate grazie alla campagna di sostegno a distanza portato avanti da Sos Italia, una parte dei fondi serve per pagare le borse di studio per gli studenti-infermieri: colazione e pranzo oltre a un pocket money per le spese. Sono tutti pendolari, tranne tre ragazze provenienti dal Villaggio Sos.
Quella gestita da Sos è l?unica maternità in una città, Mogadiscio, che conta un milione e mezzo di abitanti. In pediatria ci sono 120 posti letto, 35 in maternità; tra i 9 medici ci sono 3 ginecologi e 6 pediatri. Ogni giorno sono visitati 3-400 bambini in day hospital mentre i parti sono circa una ventina e si tratta sempre di donne che hanno complicazioni: la norma, infatti, è partorire a casa. E la pratica dell?infibulazione, ancora largamente diffusa in Somalia, è una delle principali cause di complicazioni anche gravi. Un ospedale aperto 24 ore su 24, un?isola alla quale accorrono tante donne che percorrono a piedi o sui camion la distanza che le separa dalla città.
Non va dimenticato, inoltre, che in un Paese dove i luoghi di cura sono scarsi e perdipiù a pagamento, quello di Sos Kinderdorf International è gratuito.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.