Famiglia

Un popolo bambino schiavo dei narcos

Da Rio de Janeiro una drammatica testimonianza e un appello

di Federico Cella

Meninos da rua. I ragazzi di strada brasiliani, spesso armati con pistole più grandi di loro, attaccati a vasetti di colla quasi fosse un?appendice, non rassegnati ma persi. Abbiamo visto immagini dalle periferie di Rio de Janeiro e San Paolo, ma i dati di questo fenomeno sono sempre sfuggiti, le testimonianze mischiate a mitologie. Al punto che qualcuno è arrivato a dubitare di questa realtà. Non ne ha mai dubitato, invece, Renato Chiera, prete missionario italiano che vent?anni fa ha deciso di andare in Brasile, per dare un contributo alla lotta contro questo fenomeno con la fondazione della ?Casa do menor São Miguel Arcanjo?, una casa aperta a chi non ne ha più una.
Padre Renato ha scritto a ?Vita? una lettera : una drammatica testimonianza di quel che sta succedendo in Brasile, e una richiesta d?aiuto per quello che lui definisce «un esercito di candidati a morte precoce». Padre Chiera da Mondovì, in provincia di Cuneo, ci racconta del suo nuovo territorio, Nova Iguaçu, nella Grande periferia di Rio, in un?area abitata da sei milioni di persone chiamata Braixata Fluminense. In un Paese come il Brasile dove l?incidenza dell?ingiustizia sociale può essere toccata con mano. «I ragazzi qui soffrono come, purtroppo, in tante altre parti del pianeta. Ma il Brasile è campione in tal senso, avendo indicatori sociali fra i peggiori al mondo». Ottava potenza economica mondiale, la nazione verde-oro è il settantesimo Paese per livello di vita e il settantaquattresimo nel campo dell?istruzione. E ha uno dei peggiori fattori per quanto riguarda la distribuzione delle ricchezze: in media, un brasiliano ricco possiede almeno quanto cinquanta suoi connazionali poveri. Cifre grossolane, ma che rendono conto di uno stato, strozzato dalle norme del Fondo monetario internazionale e da una congerie di politicanti neoliberisti senza una base per esserlo, che abbandona le famiglie, non offre scuola e formazione professionale, non investe in politiche sociali. Un panorama senza orizzonte che è terreno fertile per la crescita dei ?piccoli banditi?, bambini che fin dai 6/7 anni vengono ?adottati? dal traffico della droga, nel quale, resi tossicodipendenti come assicurazione di maggiore fedeltà, vedono sicurezza e denaro, la possibilità di essere rispettati, di ?emergere?, di aiutare la mamma sola e il papà disoccupato, di comprare cibo e vestiti per i fratelli più piccoli, che ne seguiranno l?esempio.
Una realtà che esiste. E che negli ultimi due anni è cresciuta a dismisura. «Se ieri si parlava di ragazzi di strada, oggi bisogna parlare di popolazione di strada», ci racconta Renato Chiera. «Solo a Rio si parla di almeno 20 mila tra bambini e ragazzi impiegati nel mondo della droga, un vero esercito senza valori o prospettive, sul quale vige l?indifferenza generale del Paese. La paura, forse, è il solo sentimento che il brasiliano prova per i figli abbandonati della sua terra». E così la ?strage degli innocenti? che si compie quotidianamente per le arterie di Rio viene accettata dall?opinione pubblica quasi come una soluzione al problema: almeno tre o quattro bambini rimangono uccisi per strada ogni giorno, raccattati come sacchi dell?immondizia dall?addetto alla raccolta dei cadaveri. Nei primi mesi del ?98 il registro dei morti di Nova Iguaçu contava oltre 3 mila corpi senza nome, tutti giovani fra i 17 e i 25 anni. «Una mattina di settimana scorsa si sono presentati alla mia porta tre fratellini, di 11, 12 e 13 anni. Erano terrorizzati, perché loro madre aveva ?sgarrato?, cercando di riprenderseli dal giro di droga in cui erano stati assoldati. Adesso erano condannati di morte», ci spiega padre Chiera. «E questo avviene ogni giorno, perché io e miei collaboratori siamo il loro unico riferimento all?infuori della vita di strada. Ma siamo stati minacciati anche noi, e dobbiamo spostarci, riuscire a creare una struttura sicura, che possa davvero servire come rifugio per la riabilitazione alla vita di questi ragazzi».
Per aiutare la Casa do menor São Miguel Arcanjo: Ccb. n. 2501331/9, Credito cooperativo di Carrù, Abi 08450, Cab 46480; per informazioni, tel. 0174698439.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.