Formazione
Un “piano Marshall”per la lingua italiana Il 42% degli stranieri ha problemi scolastici. In gran parte dovuti a barriere linguistiche. La soluzione ci sarebbe ma mancano i soldi
Scuola I nodi da sciogliere nelle classi "multicolor"
di Redazione
Afar di tutta un’erba un fascio, ci si sbaglia (quasi) sempre. Come sanno i curatori del Rapporto statistico sugli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano, presentato dal ministero dell’Istruzione e nel quale, per la prima volta, i dati vengono presentati disaggregati. Si scopre così che l’universo composto dai 574.133 studenti non italiani iscritti nelle scuole nostrane (di ogni ordine e grado) è assai più variegato di quel che appaia di norma. Per esempio si registra che il 35% di loro è nato in Italia, con un picco che arriva al 71% nelle scuole dell’infanzia e al 41% nella primaria. «Un dettaglio di non poco conto», sottolinea Vinicio Ongini, consulente del ministero sui temi legati all’intercultura, «giacché i ragazzi nati qui non incontrano l’ostacolo che impedisce ai circa 90mila di nuova immigrazione di avere buoni risultati scolastici, e cioè lo scoglio linguistico». Un ostacolo pesante, visto che, spiega il Rapporto, il 42,5% degli alunni stranieri non è in regola con gli studi.
Un altro fenomeno interessante emerge tra le cifre snocciolate dal rapporto: e cioè che a scuola ci vanno più alunni stranieri di quanti siano regolarmente registrati. Insomma, in classe siedono anche gli irregolari. È un bene, naturalmente. Che sollecita nuove e più appropriate risposte. Per esempio, prosegue Ongini, «la realizzazione di un Piano nazionale per l’insegnamento dell’italiano. Una decisione di cui si è già parlato e per la quale è opportuna la collaborazione fra centro e periferia. Le lezioni dovebbero essere affidate a quel piccolo esercito di docenti che in questi anni è andato specializzandosi proprio su questo fronte». Un sogno che fa fatica a diventare realtà per ragioni economiche. Staremo a vedere.
Quanto alla seconda misura, Ongini non ha dubbi: «Occorre lavorare sul rischio, talvolta troppo drammatizzato, di una eccessiva concentrazione di studenti di recente immigrazione all’interno delle singole classi. I giornali le chiamano “quote”. A me questo termine crea non pochi dubbi. In sostanza è necessaria una equibrata distribuzione (da fare a posteriori, dopo che si conoscono le caratteristiche degli iscritti)».
Anche in questo caso per raggiungere buoni risultati è bene che i diversi soggetti collaborino: «Sarebbe utile un confronto anche fra plessi diversi in modo da far fronte comune, coinvolgendo anche le reti fra i differenti istituti, gli enti locali e le associazioni dei genitori. Certo servirebbero anche percorsi di intercultura. Mi rendo conto, però», conclude Ongini, «che di questi tempi è già un successo affrontare la questione linguistica».
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