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Un patentino per i padroni di cani

Ecco come saranno i percorsi formativi per i proprietari

di Maurizio Regosa

Un corso – su base volontaria per molti, obbligatorio per alcuni – per chi possiede un cane e potrà così imparare a mettersi in relazione con esso prevenendo qualunque comportamento che possa mettere a rischio l’incolumità dei cittadini. È l’argomento del decreto, a firma del sottosegretario Martini, appena pubblicato dalla Gazzetta ufficiale (la n. 19 del 25 gennaio).

Un patentino ad hoc

Che il proprietario di un animale sappia come trattarlo, educarlo, mantenerlo sarebbe di per sé aspettativa immediata e spontanea. Come dire? Di vero e proprio buon senso. Viste però le notizie che di tanto in tanto le pagine dei giornali riportano (un titolo su tutti: «bambino aggredito al parco da pitbull»), è cresciuta nell’opinione di molti l’idea che il “fenomeno” dovesse essere regolamentato. Superata la vecchia (impraticabile, inutile e forse dannosa) idea delle liste dei cani “buoni” e di quelli “cattivi”, si è giunti alla conclusione che è meglio prevenire non solo sul fronte canino, ma anche e soprattutto su quello che padroni. Che per essere davvero tali dovranno avere un apposito patentino. Per ottenere il quale dovranno frequentare appositi percorsi formativi organizzati dai comuni in collaborazione con le Asl. Corsi tenuti anche da «educatori cinofili di comprovata esperienza» (come si legge nell’articolo 1 del decreto). Una qualifica che nemmeno una laurea in veterinaria potrà assicurare: «I medici veterinari per poter essere definiti “esperti in comportamento animale” devono essere in possesso dei requisiti previsti nelle linee guida emanate dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici veterinari italiani. Inoltre è ritenuto valido ai fini della suddetta definizione il possesso del diploma europeo di specialista in medicina comportamentale» (ibidem). Non cominciate a sentire odore di burocrazia, di complicazioni, di appesantimento di uffici spesso sotto organico e assediati da mille altre richieste “umane”?

Il possesso responsabile

Non vi è un obbligo generalizzato. La partecipazione è volontaria, tranne che per i proprietari quando i cani presentano disturbi di comportamento o sono dichiarati “a rischio elevato” dal servizio veterinario della Asl. Detto questo, entrando più nel merito del decreto, ecco precisati obiettivi, metodi, contenuti, tempi dei corsi (un minino di 5 sessioni didattiche di due ore ciascuna). Con espressioni di involontaria comicità. Un esempio? Dopo aver precisato che il percorso formativo ha lo scopo di infondere ai proprietari la conoscenza dei loro doveri, delle loro responsabilità civili e penali (fin qui tutto bene) «nonché la comprensione del cane e del suo linguaggio», il decreto assicura che «il cane, in quanto essere senziente, è dotato di capacità cognitive che devono essere potenziate ed ha esigenze etologiche e comportamenti che il suo compagno umano deve comprendere e accettare affinché sia favorito il suo inserimento nella società». Non mancheranno apprendimenti che vorremmo definire personalizzati e che saranno messi a punto  dal veterinario esperto, dopo una analisi «volta ad individuare il percorso formativo e terapeutico più idonei». Quel che invece non c’è è il capitolo costi. Non si capisce dal decreto chi sarà tenuto a sostenerli, a quanto ammonteranno. Come pure non si comprende se sono previste sanzioni nei confronti di chi non dovesse ottemperare…

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