Cultura
Un pass unificato per l’Italia. Non è un’utopia
Pass disabili/ Dalla Ledha un'idea al passo coi tempi
Vietato parlare di diritto alla mobilità a Milano. «Non è garantita a priori, vista la penosa situazione dei mezzi pubblici riguardo all?accessibilità: un disabile è oggi obbligato a usare l?auto, e qui arrivano gli altri problemi, visto l?alto numero di chi, non invalido, abusa del contrassegno«», dice Giovanni Merlo, presidente di Ledha – Lega per i diritti degli handicappati. «Mancano gli investimenti istituzionali, la cultura cittadina e l?informazione», continua Merlo. «Prendiamo l?esempio dell?Ecopass, la tassa d?ingresso che parte tra due settimane a Milano: per i disabili si parla di esenzione, ma la comunicazione ricevuta su come muoversi in tal senso è davvero poca». Per il presidente di Ledha il provvedimento comunale antismog ha una diretta utilità anche sul problema degli abusi. «Visto l?auspicabile aumento di controlli, si spera in un aumento del numero di persone beccate a usare il pass disabili in modo ingiustificato».
A questo punto, però, per Merlo rimane un ulteriore importante passo: «Rendere il contrassegno trasportabile, ovvero utilizzabile in diverse città sotto poste a Ztl». In che modo? «Unificando i database. Le procedure di controllo si fanno sempre più automatiche, non sarebbe difficile creare una sorta di pass nazionale riconosciuto da ogni telecamera, anziché dover richiedere una nuova certificazione per ogni occasione».
Sposa l?idea anche Ezio Mari, presidente di Anpas Lombardia, che punta il dito anche sulla disomogeneità degli interventi. «A volte, nelle Ztl succede di trovare multe anche sui nostri mezzi di soccorso. Per questo sono d?accordo con chi propone una sorta di pass nazionale con cui le persone disabili possono circolare nelle zone a traffico limitato».
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.