Mondo

Un partito sull’orlo di una crisi di nervi

Il Prc si è sempre proposto come partito cerniera fra il Palazzo, il pacifismo e il sindacalismo più intransigente. Dopo la crisi di governo l’equilibrio si è rotto.

di Ettore Colombo

La posizione di Rifondazione si è sempre qualificata per essere un qualcosa di più di un semplice partito che conta all?interno della coalizione, visto che il suo valore aggiunto è stato quello di partito-ponte o partito-cerniera con il mondo del pacifismo e dei movimenti da un lato e del sindacalismo cigiellino, specie di marca Fiom, dall?altro.
Lo stesso Turigliatto è stato uno degli ospiti più applauditi dall?assemblea dei pacifisti convocata lo scorso 24 febbraio a Roma da un vasto arco di forze del pacifismo radicale (Emergency, Pax Christi, Fiom, Arci, e molte altre ancora) il cui slogan era in sintonia più con le sue posizioni che con quelle ufficiali del Prc: «Via le truppe dall?Afghanistan».
Rifondazione, infatti, ha dovuto accettare molte e diverse mediazioni con l?ala riformista al governo, dalla Finanziaria alle spese militari, dalle grandi opere all?incombente riforma delle pensioni, per non dire, appunto, del delicato e doloroso tasto della politica internazionale. Posizioni che hanno innescato un forte dibattito interno che ha investito anche la maggioranza bertinottiana, non solo le minoranze interne. Che sono due, una più grande guidata dal senatore Claudio Grassi, detta dell?Ernesto (dal nome della rivista di area) o Essere comunisti (il 26% circa del partito). E una più piccola, che conta per circa il 6% e si chiama Sinistra critica, recentemente assurta agli onori delle cronache proprio grazie al caso Turigliatto (che ne fa parte), guidata dal deputato Salvatore Cannavò. Trozkisti fino al midollo, vicinissimi ai movimenti e a quella ?sinistra a sinistra? del Prc che sta a cavallo dell?ala radicale della Cgil (guidata dal segretario nazionale della Fiom, Giorgio Cremaschi), dei Cobas, dei Centri sociali del Nord-Est guidati da Luca Casarini e delle associazioni pacifiste più radicali.
Oggi la vera contraddizione di Rifondazione sta nel fatto che la sua minoranza più estrema e meno gestibile è quella più in sintonia con il ?popolo della pace?, mentre la maggioranza bertinottiana – guidata dal segretario Franco Giordano – deve anche spendersi in un continuo lavoro di mediazione con e nelle istituzioni.
Non a caso, alcuni dei bertinottiani più inquieti e di antica origine movimentista (Alfonso Gianni, Ramon Mantovani, Lidia Menapace) soffrono molto di questo ruolo e nell?ultima Direzione del partito hanno usato accenti non poco critici verso la gestione interna di Giordano.

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