Formazione

Un padre in gabbia

L’aria salata, importante debutto di Alessandro Angelini: lo hanno definito un quadrifoglio autentico nel parto finto delle sceneggiature che ripetono se stesse

di Maurizio Regosa

è cosa difficile, il perdono. Lo si cova magari per anni, inconsapevolmente. Poi quando il momento si presenta, non sempre si è pronti. O non si hanno comprese tutte le implicazioni. Giacché il perdono, perché sia davvero, ha da essere in qualche maniera condiviso: anche l?altro deve essere predisposto a essere perdonato? In caso contrario, il black-out può essere dietro l?angolo e mandare in corto circuito, far crollare persino le solide pareti di un carcere. Come avviene ai due protagonisti di questo bellissimo e importante esordio alla regia di Alessandro Angelini: padre e figlio separati da un crimine che si ritrovano, vent?anni dopo, in una prigione. Il primo, Luigi, ergastolano non pentito; il secondo, Fabio, educatore dietro le sbarre (rispettivamente Giorgio Colangeli e Giorgio Pasotti). Un incontro inatteso e dirompente in cui si passa dall?iniziale asimmetria (solo il figlio sa ed è indeciso se perdonare) a un gioco scoperto in cui ciascuno dichiara il proprio asso. Che nel caso del padre è fatto di indifferenza, di rimozione, di pelle dura sotto la quale chissà?

Girato con efficacia e partecipazione (quella macchina da presa ossessionata dai volti, dalle rughe, dai segni della vita), L?aria salata non è esente da qualche difetto. Ha qualche lentezza. Non sempre gli snodi narrativi paiono convincenti; alcuni personaggi di contorno sono convenzionali. Ma egualmente ha grandi pregi. Il non aver paura della complessità dei sentimenti, anzitutto: è bravo Angelini (anche sceneggiatore con Angelo Carbone) a descrivere la sensazione di chi è in un corridoio oscuro e senza uscita. Forse lo deve all?esperienza di volontario a Rebibbia, ma senza dubbio ha compreso che nemmeno al gabbio la vita si assottiglia fino all?unica dimensione. Ha fughe in avanti e ritorni anche dolorosi. Ciascuno è solo, sì. Ma anche immerso in una collettività dai confini incerti, ambigui, persino pericolosi. E sono scene carcerarie forse tipiche (il lavoro, gli scherzi, i colloqui) ma rinvigorite e rinnovate. Come pure assai efficaci sono quei passaggi in cui l?educatore si confronta con la sorella maggiore, che del padre non vorrebbe più nemmeno sentir parlare dopo l?abbandono di tanti anni prima. Momenti forti ma delineati con rapidità, asciuttezza, con rigore. In un crescendo che non urla ma procede lento e inesorabile.

Fino all?epilogo rapidissimo e inaspettato, che sorprende per la sua drammaticità e riattribuisce senso a tutto quanto si è visto. Lo si diceva: è cosa difficile, il perdono.

L?aria salata
di Alessandro Angelini
Italia 2006
con Giorgio Colangeli e Giorgio Pasotti

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