Cultura

Un Oscar che cambia l’immaginario sulla sindrome di Down

Per la prima volta un attore con sindrome di Down è salito sul palco degli Oscar per ritirare la statuetta: il premio è andato a "An Irish Goodbye" e lui è James Martin, irlandese, 31 anni. Il commento di Martina Fuga (CoorDown): «È successa una cosa straordinaria, che cambia la rappresentazione della disabilità: non una persona bisognosa di cure, ma una che esprime se stessa. Dice a tutti che anche io, con le mie fatiche, posso dire quello che voglio, che penso, che sono».

di Sara De Carli

Camicia scura e giacca leopardata, una lacrima di commozione e la statuetta fra le mani. È questa l’immagine simbolo della notte degli Oscar 2023, con James Martin sul palco insieme ai produttori Tom Berkeley and Ross White per ritirare il premio vinto da An Irish Goodbye come miglior cortometraggio live action. James Martin ha compiuto 31 anni proprio ieri, ha la sindrome di Down ed è uno dei protagonisti del corto.

«La notizia non può che farmi commuovere. Sono una mamma e in momenti come questi do un calcio alle mie paure e alle fatiche di mia figlia e le spingo chilometri lontano, insieme alle basse aspettative del mondo là fuori», ha scritto Martina Fuga, responsabile della comunicazione di CoorDown e mamma di Emma. CoorDown è un coordinamento di associazioni di persone con Sindrome di Down che anno dopo anno in occasione del World Down Syndrome Day che si celebra il 21 marzo sta cambiando le regole della comunicazione sulla disabilità, con campagne originali, innovative e coraggiose, capaci di cambiare lo sguardo. Dalla campagna #DammiPiùVoce, in cui vip del calibro di Sharon Stone rilanciavano le testimonianze dei ragazzi down, al #DearFutureMom del 2014 che parlava con delicatezza della decisione di portare avanti la gravidanza di un figlio con sindrome di Down, passando per #TheHiringChain sull’inclusione lavorativa e #JustTheTwoOfUs dedicata alla sessualità e alla vita amorosa.


«Noi attivisti eravamo già saltati sulle sedie nel 2020 quando Zack Gottsagen, anche lui con la sindrome, era salito su quel palco per consegnare una statuetta, ma oggi c'è di più. Oggi James Martin quel premio lo ha ritirato. La notte scorsa per tutti i ragazzi e le ragazze con sindrome di Down e per le loro famiglie è successa una cosa straordinaria ed è il vedersi rappresentati. Vedere questo ragazzo sul quel palco, in un evento di tale portata, crea un immaginario nuovo», dice con entusiasmo Fuga. «Mi dà grande soddisfazione e da mamma anche coraggio, perché sappiamo tutti quanto ci sia bisogno di un immaginario diverso. È come se noi avessimo ancora un database di immagini sulla disabilità: l’eterno bambino, che ha bisogno di cure e compassione o di un altro che parli per lui. Lo “scatto” di ieri sera restituisce un’immagine diversa: una persona capace, talentuosa, che esprime in prima persona la sua identità. Ho letto che lui dopo il film ha ripreso il suo lavoro da Starbucks e anche questo è interessante. Che farà ora? Lo decoiderà lui».

Non solo. La notte degli Oscar dà un calcio anche a quella tentazione dell’inspiration porn che tanto sta prendendo piede, per cui le persone disabili vengono trasformate in super eroi e messe su un piedistallo. Nei fatti in questo modo si riduce ad oggetto una categoria di persone (quelle con disabilità) a beneficio di un'altra categoria (i normodotati) che li possono guardare e pensare ispirati: «Per quanto possa lamentarmi della mia vita, potrebbe andare peggio. Potrei essere quella persona» (Martina Fuga ne ha scritto qui).

«Le immagini di ieri scardinano anche quella narrazione del successo, delle possibilità alla portata di tutti se ci si crede, dell’elogio di quelli che arrivano e che ce l’hanno fatta e che vogliono riscattare tutti gli altri, che è una cosa un po’ paternalista e che sminuisce il percorso di chi non ce la fa, perché sappiamo tutti che nella disabilità ognuno ha le sue potenzialità ma anche i suoi limiti», sottolinea Fuga. «James Martin era semplicemente lì con se stesso, il suo talento e la sua voglia di esprimere se stesso. L’Oscar lo vince uno su mille, non è che lui indichi una strada, ma è come ricordare a ciascuno che anche io, con le mie fatiche, posso dire quello che voglio, quello che penso, quello che sono. Questa è la grande potenza di quel palco».

A colpi di immagini insomma – film, di pubblicità, di presenze nei media – «si si agisce sulla percezione, si sradicano pregiudizi e si educa lo sguardo. A colpi di immagini si andrà piano piano a cambiare la mentalità di chi guarda e si getteranno le basi per costruire una società davvero inclusiva. È una rivoluzione culturale molto lenta, ma che vale la pena fare», conclude Fuga.

L'immagine di copertina è di Avalon/Sintesi. L'altra è tratta dal trailer ufficiale di "An Irish Goodbye"

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