Non profit
Un nuovo fundraising per un nuovo welfare
Quale il futuro per la professione? L'intervento del direttore scientifico della Scuola di Roma Fund-raising.it Massimo Coen Cagli: «Chi si occupa di raccolta fondi deve essere in grado anche di produrre risorse:qualità dei servizi, coesione e solidarietà». Voi come la pensate?
Credo che il fundraising sia ad un punto di svolta, così come il settore non profit.
La crisi del welfare nel nostro paese non è solo economica, ma anche sociale, politica e culturale. Di fronte al crollo della spesa per la protezione sociale (-75% in 5 anni), i cittadini devono sempre di più cavarsela da soli per garantirsi livelli minimi di benessere sociale. Insomma, il sistema del welfare è esploso.
Il non profit gioca da sempre un ruolo essenziale per il welfare che ancora prima di essere di stato, è costruito dalle organizzazioni della società civile anche attraverso quello che oggi chiamiamo fundraising. E lo ha fatto a partire dal 1200 attraverso le Misericordie , le opere pie, le associazioni mutualistiche, le cooperative sociali, l’azione di illuminati imprenditori le fondazioni di comunità, i gruppi di amici di biblioteche o scuole.
Ma cosa si chiede oggi al fundraising? Fino a quando il welfare state era un sistema che reggeva, il non profit e il suo fundraising erano funzionali a turare le sue falle. Ma adesso a loro è chiesto di contribuire a creare un altro sistema di welfare socialmente, politicamente e economicamente sostenibile. Per essere chiari: contribuire a sostenere Scuola, Cultura, Arte, Sanità, ma anche produzione di beni di prima necessità quale alimenti buoni e a prezzo onesto.
Occuparsi di cose di cui i politici non sono più in grado di occuparsi. Mentre sono in grado in pochi giorni di inventare un ennesimo vantaggio per il loro finanziamento facendo concorrenza sleale al non profit. E non avendo mai investito seriamente sull’unico settore che cresce come numero di addetti e servizi!
Quindi un fundraising non accessorio di stato e mercato ma strumento strategico dell’economia sociale. Capace di produrre risorse e: governance partecipata del welfare, consenso sociale sugli obiettivi da raggiungere, controllo sulla qualità dei servizi, coesione e solidarietà e quindi maggiore fiducia sociale. Su questi aspetti la comunità dei fundraiser sta dibattendo in modo informale sui social network (qui e qui).
La comunità mostra una certa disaffezione e noia verso un fundraising che chiede ai cittadini di intervenire a riparare condizioni di povertà o mancanza di soldi pubblici e che cede in modo incondizionato ad un approccio di mero marketing (a volte con forme un po’ aggressive e colpevolizzanti) a scapito della adesione responsabile alla causa.
I donatori chiedono di passare da una azione di supplenza ad un investimento sociale per lo sviluppo. La cultura dei donatori e i concetti di altruismo e solidarietà evolvono più rapidamente della cultura del fundraising. E molte sono le iniziative di fundraising di comunità a cui dà vita la società civile autonomamente dalle istituzioni non profit.
Ecco perché La Scuola di Roma fund-raising.it con la collaborazione di Vita, ha deciso di convocare – il 7 giugno a Roma – i soggetti privati (non profit, aziende, fondazioni e studiosi) che possono oggi, attraverso un patto di azione comune, dare al fundraising una nuovo statuto sociale più alto e più interessante per la nostra comunità (vai alla pagina della conferenza).
La conferenza è fruibile in streaming a partire dalle 9.30 di venerdì 7 giugno (clicca qui)
In allegato il programma dell'evento
Massimo Coen Cagli, direttore scientifico della Scuola di Roma Fund-raising.it
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