Welfare

Un Natale di lamiera per ottomila italiani

Dopo la tragedia di San Gregorio. I diciannove disabili non erano gli unici a vivere in un prefabbricato. Ecco la mappa delle favelas di casa nostra

di Gabriella Meroni

Per gli sfortunati disabili dell?ospizio di san Gregorio Magno, sarebbe stato il diciassettesimo Natale in container. Certo un tempo infinito, di cui sono rimasti in un certo senso vittime. Ma niente in confronto ai 71 alberi di Natale addobbati dagli abitanti delle 232 baracche risalenti al terremoto del 1930, che a tutt?oggi fanno brutta mostra di sé in Irpinia e Vulture. Un caso limite? Non proprio. A vivere l?esperienza delle feste sotto un soffitto di lamiera sono, ancora oggi, 8.300 italiani. Ovvero gli inquilini delle baracche di tutti i terremoti, che una colpevole incuria lascia lì, al freddo, dimenticati dallo Stato e dall?opinione pubblica. Fino alla prossima stufa, e al prossimo corto circuito. Umbria e Marche Era il 26 settembre 1997 quando le spaventose immagini del crollo della Basilica di San Francesco ad Assisi fecero il giro del mondo. Dopo mesi di assestamento, alla fine il sisma che colpì Umbria e Marche fece 11 vittime, e 55mila senza tetto. Quattro anni dopo, 2.500 umbri vivono ancora nei ?moduli abitativi?, come la Protezione civile, allora diretta da Franco Barberi, ribattezzò con enfasi le solite baracche di lamiera di sei metri per due. «Quando ho sentito dell?incendio a San Gregorio ho subito pensato che potrebbe succedere anche qui», dice Giocondo Leonardi, direttore della Caritas di Assisi, e lui stesso ospite di un container. «A Nocera Umbra, ad esempio, 800 persone vivono nei container, e nella stessa situazione si trovano gli uffici comunali, il centro commerciale e le scuole elementari e medie. Altre 9mila persone nella regione vivono in casette di legno, più calde della baracca, ma altrettanto infiammabili. Per le autorità la loro situazione è risolta, a loro basta averli tolti dal container. Ma vivere in una baita di legno in un campo recintato non è come stare a casa propria». Il rischio, denuncia Leonardi, è la cronicizzazione, la cicatrizzazione delle ferite. Natale amaro anche nelle Marche, dove 154 famiglie (450 persone) vivono nei container e 223 (circa 700 persone) nelle casette di legno. Valle del Belice Prendete i quattro anni trascorsi dal terremoto in Umbria, aggiungeteci trent?anni e altrettanti Natali: avrete la sofferenza degli oltre 300 siciliani della valle del Belice che dal 1968 vivono da baraccati. Il sindaco di Santa Margherita, Giuseppe Perricone, un ex baraccato, fa sapere che nel suo comune «i prefabbricati sono una quindicina. Un bel progresso, rispetto alle 147 famiglie che, sino al 1999 vivevano ancora nei container». Ma chi oggi vive nei prefabbricati non appartiene alle famiglie terremotate del ?68, bensì a nuove realtà: «La maggior parte sono profughi della ex Iugoslavia, arrivati negli anni 90. Comunque, entro il 2002 contiamo di chiudere anche gli ultimi ?ricordi? del terremoto, con l?assegnazione di case popolari che sono già pronte. Il ritardo? È da imputarsi alla burocrazia dello Stato centrale». Se la situazione dei prefabbricati di Santa Margherita è quasi residuale, più grave appare la situazione a Melfi, altro comune duramente colpito. Il sindaco, Vincenzo Lotà, afferma che «dei nove campi che esistevano quando sono entrato in carica, ne ho sgombrati otto. Ne manca uno, in cui abitano 300 persone, e che conto di sgomberare, con l?assegnazione di case dell?Istituto autonomo case popolari, entro il 2002». E il Natale? «Niente da fare. Per il 33esimo anno consecutivo, lo trascorreranno nei container». Campania Ci voleva un censimento della Regione, svolto a ottobre, per far emergere una situazione al limite dell?incredibile: in Campania resistono 3.107 prefabbricati, in cui vivono 5mila persone. Tra loro c?erano, ormai lo sappiamo, i disabili di San Gregorio Magno, ma ci sono anche gli occupanti delle 232 baracche risalenti al terremoto del 1930. Una vergogna che il governatore Antonio Bassolino ha promesso di risanare stanziando 636 miliardi di lire per l?edilizia popolare e lo smantellamento dei container, più altri 450 per ospitare in costruzioni permanenti i servizi sociali e comunitari che sempre più spesso, per decisione dei Comuni, vengono ?dirottati? nelle baracche. Proprio come l?ospizio andato a fuoco. «Moltissimi moduli abitativi sono stati trasformati in centri anziani, circoli, sedi di associazioni», conferma Giuseppe Ruggiero, portavoce di Legambiente Campania. «In pratica, nelle baracche oggi ci vivono gli svantaggiati. Per questo, secondo noi, il censimento regionale è insufficiente: non basta sapere il numero dei container, occorre anche rendersi conto dell?uso che se ne fa e quanti bambini, anziani, disabili li frequentano, in barba a ogni norma di sicurezza».


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