Antimafia Pop Academy
Quel modello di scuola «nato ai bordi di periferia»
La borgata è la stessa in cui è nato Eros Ramazzotti: Lamaro. A un centinaio di metri dal murales a lui dedicato c'è un esempio unico di alleanza tra scuola e Terzo settore. Antimafia Pop Academy ha la sede proprio dentro una scuola: insieme hanno costruito un laboratorio permanente di diritti e democrazia, anche attraverso la musica
Ve lo ricordate Eros Ramazzotti a 23 anni sul palco dell’Ariston? Canta Adesso tu, è il 1986, e sta per vincere il Festival di Sanremo. Il suo timbro inconfondibile scandisce il primo verso: «Nato ai bordi di periferia». È quella in cui è cresciuto, borgata Lamaro di Roma sud-est, a pochi passi da Cinecittà.
Oggi in quella periferia, a un centinaio di metri dal murales che l’artista Cosimo Cheone Califfa ha dedicato al cantautore, c’è un gruppo di ragazzi che nella musica trova ancora il linguaggio per esprimersi, ma insegue altre rotte, più vicine alla cultura hip hop. Quel testo («Dove l’aria è popolare/ È più facile sognare/ Che guardare in faccia la realtà») appartiene anche a loro, ma suona in modo nuovo dentro l’Antimafia Pop Academy. Un’esperienza unica, raro esempio di alleanza strategica tra scuola, istituzioni e Terzo settore, reso possibile da un gesto che può sembrare piccolo e invece piccolo non è. Abbattere un muro.
L’importanza di aprire una porta
Un’associazione è entrata dentro una scuola e una scuola si è lasciata contaminare. Questa è la storia di un progetto contro le mafie che ha scelto di scommettere sulla scuola come primo presidio di cultura antimafia, laboratorio permanente per l’esercizio dei diritti e della democrazia, e come luogo aperto alla città. Per ricostruirla bisogna andare indietro di vent’anni. «La nostra associazione è nata in Calabria nel 2005, si chiamava daSud. Nel 2009 ci siamo trasferiti a Roma e quest’anno abbiamo cambiato il nome in ÀP – Antimafia Pop Academy», spiega il presidente Pasquale Grosso. «Quello che non è mai cambiato è l’approccio: realizzare progetti, produzioni, campagne e proposte per tenere vivo il tessuto dell’antimafia, recuperare memoria dal basso, creare consapevolezza, sviluppare un punto di vista critico sulla società, ridurre le disuguaglianze».
Grosso dice che Antimafia Pop Academy è «una piccola realtà, ma anche un piccolo miracolo. Siamo nati in Calabria spinti dalla convinzione che ci fosse un problema di autonarrazione, ci siamo trasferiti a Roma e abbiamo continuato il percorso. Oggi all’interno dell’associazione lavorano 21 persone, l’équipe educativa è formata da 11 educatori e due psicologhe, il raggio d’azione è un comprensorio di case popolari nel quartiere di Cinecittà-Don Bosco, Municipio Roma VII».
Com’è successo che un’associazione abbia stabilito la propria sede in una scuola? «I linguaggi creativi ci hanno sempre caratterizzato: musica, teatro, grafica, video, street art, fumetti. Ci siamo affidati a loro per qualunque progetto, a Roma come in Calabria, dai festival agli eventi culturali fino all’autobus gigante con cui abbiamo fatto il Mafie Tour». Nel 2016, il desiderio di rilanciare: «Avevamo un sogno nel cassetto. Volevamo un posto, anche in senso politico. Che cos’è l’antimafia se non una pratica? Sentivamo la necessità di portare quei linguaggi altrove, vivere un corpo a corpo con la fascia più giovane che forse è la più esposta. La scuola ci sembrava il luogo migliore».
L’incontro decisivo è stato con una dirigente scolastica, Ida Crea: «Non eravamo e non siamo educatori (per questo c’è un’équipe educativa)», continua Grosso, «ma ci invitò a visitare gli spazi dell’Istituto Enzo Ferrari. Erano importanti: un’aula magna, una grande biblioteca, chiusa da dieci anni perché isolata dalla scuola a causa delle barriere architettoniche. Siamo partiti da lì: tecnicamente abbiamo abbattuto un muro e aperto una porta. Siamo entrati, abbiamo sottoscritto un regolamento ad hoc con la Città Metropolitana di Roma per la biblioteca, abbiamo riqualificato l’aula magna che è divenuta sala teatrale e cinematografica e abbiamo creato una web radio che è anche studio di registrazione. Insomma, è incominciata quella che io amo definire una contaminazione».
Se non lo facciamo noi chi deve farlo?
C’è un intellettuale, militante, politico ed esponente del movimento antimafia calabrese, ucciso nel 1980, che da sempre ispira l’operato di AP – Antimafia Pop Academy. È Giuseppe Valarioti, a lui è dedicata la mediateca realizzata all’interno della biblioteca, la prima su mafie e antimafie a Roma. Sua è la domanda che muove l’associazione: se non lo facciamo noi, chi deve farlo? «Le mafie stanno negli spazi vuoti. Se uno spazio viene lasciato vuoto, qualcuno lo occuperà. E allora perché non lo facciamo noi?». Grosso sintetizza così il pensiero che ha portato ad abbattere quel primo muro all’interno dell’Istituto Enzo Ferrari, una scuola secondaria di secondo grado su cui gravitano tre plessi, nove indirizzi, 1.500 studenti.
«La nostra presenza a scuola non è rivendicare un indirizzo di residenza. Grazie al sostegno di diversi enti, tra cui l’impresa sociale Con i Bambini e la Fondazione Paolo Bulgari, lavoriamo in maniera residenziale con una proposta educativa e culturale che è parte integrante dell’offerta formativa della scuola», spiega Grosso. «Lavoriamo in co-progettazione e in maniera inter-professionale con la dirigenza scolastica e il corpo docenti, sia in orario scolastico che extra-scolastico, con programmi e percorsi multidisciplinari di educazione all’aperto, educazione civica e laboratori creativi che sviluppiamo sempre in ottica antimafia e facendo molto ricorso all’utilizzo dei linguaggi espressivi (radio, fumetto, cinema, musica) che, in affiancamento alla didattica tradizionale, diventano potentissimi strumenti educativi». Grazie al lavoro svolto negli anni, l’accademia è diventata un punto di riferimento per il territorio e per altre scuole di zona come l’istituto comprensivo Rita Levi Montalcini, 460 studenti e 22 classi «con cui abbiamo co-progettato un programma annuale e multidisciplinare di educazione all’aperto».
«Stiamo nella scuola»
Il processo di giustizia minorile, il voto in condotta, la mediazione dei conflitti, la parità di genere sono alcuni dei temi che entrano in classe, in orario scolastico, con l’Academy. Quando le lezioni finiscono, cominciano le attività di supporto allo studio, i laboratori di fumetto e i corsi di italiano per i giovani di origine straniera. Qui si fa podcasting, role-playing game, hip hop e scrittura rap. E poi ci sono i genitori, i docenti, i piccolissimi: l’orientamento emotivo è prezioso in tutte le fasce d’età. «I genitori alle 17 hanno un sacco di cose da fare, lo sappiamo. Eppure, scelgono di partecipare alle formazioni che proponiamo qui». È così che la scuola, attraverso l’educazione all’aperto, vive la città. E a sua volta la città si sente parte della scuola.
In fondo, il senso di tutto questo è che «da sola la scuola non si può salvare». Grosso ne è fermamente convinto: «A volte è difficile, ci sentiamo un coperchio su una pentola a pressione che ribolle. A volte però ci sono ragazzi che scoprono il proprio luogo, trovano un linguaggio o semplicemente si allenano a stare insieme in maniera diversa». Esistono realtà simili in Italia? «Le abbiamo cercate, per ora inutilmente. E allora puntiamo a contaminare ancora, affinché altre associazioni abbraccino il modello: stiamo nella scuola, è lì che dobbiamo agire».
Che cos’è antimafia oggi? «È pratica quotidiana, è la scelta di non smettere di farsi domande, avere il coraggio di dare un nome ai problemi», dice Grosso. È una canzone rap, scritta da un gruppo di studenti del Ferrari di Roma: «Tutti sotto il sistema, siamo un mare di ostaggi/ Proiettili vaganti, ne vedo tanti/ Ma penso che la vita valga più dei contanti».
Le fotografie sono di Daniele Lazzera per ÀP – Antimafia Pop Academy
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