Welfare

Un milione gli alunni con disabilità

A Educa un confronto e un bilancio sulla innovativa legge del Trentino

di Redazione

A oltre trent’anni dalla scelta di attuare l’integrazione degli alunni con disabilità nella scuola di tutti, dando vita ad un vero e proprio modello riconosciuto e apprezzato sulla scena internazionale, Fondazione Agnelli, Caritas italiana, Treelle hanno promosso e realizzato il rapporto “Gli alunni con disabilità nella scuola italiana. Bilancio e proposte”. Il lavoro mette in luce le criticità che rischiano di mettere in crisi, oggi, un modello irrinunciabile. Le linee ispiratrici del rapporto mirano alla formazione degli insegnati sia di sostegno, sia curriculari e ad un utilizzo più efficace delle risorse umane e finanziarie impiegate. Dario Ianes, docente universitario, psicologo dell’educazione e cofondatore del Centro Studi Erickson, comparando le prospettive presentate nel rapporto e quello che sta avvenendo nella scuola trentina, dopo la legge 5 del 2006, ha dimostrato che la nostra realtà è molto vicina al modello presentato.

“Il Trentino – ha detto Dario Ianes – può candidarsi a sperimentare questo nuovo modello, perché ha una scuola con numeri ragionevoli, equa ed efficace, ha un investimento nell’area dell’inclusione forte, ha un’autonomia legislativa, ha un basso contenzioso con le famiglie con disabili, ha una certa familiarità con procedure di valutazione. Ha, insomma, degli aspetti generali che la rendono ideale per sperimentare il nuovo modello”.

Italo Fiorin, presidente del Comitato scientifico del centro di formazione degli insegnanti, ha illustrato il contenuto del rapporto che fotografa la situazione degli alunni con disabilità in Italia, paragonandola alla situazione internazionale, e analizza quello che non va nel modello italiano, proponendo infine delle possibili soluzioni. “Se si vuole mantenere la scelta di inclusione fatta trent’anni fa è necessario attuare dei cambiamenti”, ha affermato.

È toccato ad Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Giovanni Agnelli, Istituto di cultura e ricerca nel campo delle scienze umane e sociali, spiegare perché il modello scelto negli anni ‘90 va ripensato e tarato sulle nuove, crescenti, esigenze. “Oggi sono circa un milione gli alunni con disabilità. Circa 200mila hanno un deficit definibile in termini medico-sanitari; 250mila hanno varie difficoltà di apprendimento; circa mezzo milione sono gli alunni con svantaggi socio-economici, culturali o socio-linguistici di provenienza. La spesa che lo Stato affronta per il sostegno è di 4miliardi di euro all’anno, su una spesa totale per la scuola di 43-44miliardi”. Il modello attuale ha tutta una serie di criticità, per esempio: la mancanza di standard ed eccessiva discrezionalità nella valutazione del bisogno, la separazione tra chi decide le certificazioni e chi decide l’assegnazione degli insegnanti di sostegno, ossia l’amministrazione scolastica, l’eccessiva mobilità degli insegnati di sostegno, la mancanza di coinvolgimento degli insegnanti curriculari.

Nel nuovo modello tra le novità più rilevanti ci sono: l’ attivazione a livello territoriale di nuovi Centri risorse per l’integrazione, ossia realtà che gestiscano le risorse per l’integrazione; l’evoluzione della figura di insegnante di sostegno; l’abolizione dell’automatismo nella certificazione; l’istituzione di forme di valutazione della qualità dell’integrazione. “Il modello – ha concluso Gavosto – andrebbe sperimentato”.

Sulla possibilità di dare corso ad una sperimentazione nella scuola trentina, l’assessore provinciale all’istruzione Marta Dalmaso, che ha partecipato all’incontro, si è detta d’accordo, ma non subito in tutte le scuole. “La sperimentazione va fatta scegliendo delle realtà che si possono testare, non spalmata su tutti. Sono convinta, come ha detto poc’anzi Ianes, che quando vuoi bene ad un’idea, per testarne la bontà, la devi prima mettere alla prova”.

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